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Per millenni, il genere umano non ha mai smesso di essere affascinato dal volo degli uccelli: e sebbene l’essere umano non sia dotato d’un paio d’ali, volare autonomamente, senza più mezzi di trasporto, resta una delle ambizioni più grandi che esistano.
Numerose sono le storie, le leggende, riguardanti quei brevi tentativi di volo effettuati dai comuni mortali, il cui esito è stato spesso disastroso a causa del desiderio di spingersi oltre, sempre più in alto. Basti pensare a Icaro, che volò troppo vicino al Sole facendo sciogliere le proprie ali, o ancora a Bellerofonte, che spinse Pegaso troppo in alto, verso l’Olimpo, cercando di divenire un dio: la sua brama venne punita con una rovinosa caduta al mondo mortale.
Ma ci sono alcune storie più curiose di altre, riportate da viaggiatori e divenute parte dell’immaginario collettivo: valorosi scienziati che provarono in prima persona l’ebbrezza di volare senza alcuna macchina, trasportati solamente dall’aria… O, in alcuni casi, addirittura da rudimentali razzi! Vissuti centinaia d’anni prima del primo volo dei fratelli Wright, si resero protagonisti di storie uniche nel loro genere, entrate nella leggenda.
I fratelli Hezârfen Ahmet Çelebi e Lagari Hasan Çelebi
Numerose sono, in Turchia, le storie sui fratelli Hezârfen Ahmet Çelebi e Lagari Hasan Çelebi. Inventori e ingegneri, si resero protagonisti di due voli spettacolari, uno più curioso dell’altro. Il primo, come raccontato dal viaggiatore Evliya Çelebi, tentò il volo senza alcun aiuto gettandosi con delle “ali d’acquila” da uno dei simboli della Turchia: la torre di Galata.
Come menzionato negli scritti del viaggiatore, “mentre il sultano Murad Khan osservava dal palazzo Sinan Pasha a Sarayburnu, volò dalla cima della Torre di Galata e atterrò in piazza Doğancılar a Üsküdar, con l’aiuto del vento proveniente da sud-est”. L’inventore, dunque attraversò il Bosforo in volo, percorrendo circa 3.5 km.
La storia di Hezârfen Ahmet Çelebi sembrerebbe essersi conclusa, tuttavia, con l’esilio: Evliya Çelebi racconta che “Murad Khan gli concesse un sacco di monete d’oro e disse: “Questo è un uomo spaventoso. È capace di fare tutto ciò che vuole. Non è giusto tenere queste persone”, e quindi lo mandò in esilio in Algeria“, dove l’inventore morì.
Il sultano Murad IV ebbe la fortuna di assistere a un’altra strabiliante impresa, portata a termine dal fratello di Ahmet, Lagari Hasan Çelebi. Sempre Evliya Çelebi racconta di come anche quest’altro inventore spiccò il volo… Con un razzo! Hasan lo costruì servendosi di una sorta di gabbia metallica e lo alimentò con della polvere esplosiva.
Preso il volo per celebrare la nascita della figlia del sultano, egli disse al padiscià, secondo i racconti di Evliya Çelebi “sii benedetto, vado a parlare con il profeta Gesù!”. Innalzatosi fino a circa 300 metri, egli si gettò poi dal rudimentale mezzo di trasporto, servendosi di un paracadute. La storia di Hasan si concluse in maniera migliore rispetto a quella del fratello; tornato al cospetto del regnante, egli annunciò “O mio sultano! Il profeta Gesù vi manda i suoi saluti!”: fu ricompensato con un alto grado militare e ricchezze.
Le ali di Abbas ibn Firnas
Prima ancora dei fratelli turchi Hezârfen Ahmet Çelebi e Lagari Hasan Çelebi e un migliaio d’anni prima dei fratelli Wright, durante la dominazione islamica della Spagna, visse a Cordova Abbas ibn Firnas. Celebre scienziato e astronomo, al quale è persino intitolato un cratere lunare, decise di provare in prima persona l’ebbrezza del volo, alla non più giovane età di 65 anni.
Costruì, infatti, una sorta di macchina volante che, effettivamente, gli consentì di spiccare il volo: calcolò, tuttavia, male la coda del dispositivo. Per questo motivo, restò in aria per qualche minuto, prima di cadere rovinosamente a terra, procurandosi qualche ferita e l’eterna memoria quale uno dei primissimi aviatori della storia, se non il primo.
Prima ancora del 1903, dunque, furono diverse le geniali menti che tentarono di cambiare la natura umana, nella speranza di dare le ali all’uomo. Un obiettivo al quale ancora adesso, con più moderni mezzi, si continua a lavorare: uno dei sogni più profondi nell’animo umano, simbolo di libertà assoluta, di un potere quasi irraggiungibile, divino.
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