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L’estate del 2023, per i paesi del Mediterraneo, si è svolta all’insegna dell’emergenza. Le acque del grande mare, infatti, sono state invase dal granchio blu: una specie che, dai media agli studiosi, è stata definita “aliena”. Non solo: le conseguenze di tale invasione hanno ridotto i paesi a dichiarare uno stato di totale emergenza, e a trovare metodi alternativi per ovviare a tale problematica.
Ma di cosa si tratta, cosa è questa specie? Perché viene definita “aliena”? Quali conseguenze ha portato nel Mediterraneo? E cosa si può fare per debellarla o, al contrario, per convivervi salvaguardando l’ecosistema marino?
Il granchio blu: una specie venuta da lontano
“Granchio blu” è il nome scelto per una specie dalla nomenclatura più complessa: callinectes sapidus. Si tratta di un crostaceo venuto, si potrebbe dire, dall’altra parte del mondo: è infatti principalmente ritrovabile nelle acque delle coste americane, da Nord a Sud. Tuttavia, si tratta di una specie particolarmente resistente: sopravvive, infatti, anche alle acque poco salate.
Questo è il motivo per il quale, risucchiato talvolta accidentalmente dalle navi “pesanti”, come petroliere o navi cargo, che utilizzano l’acqua per zavorrarsi, è sopravvissuto al lungo viaggio, diffondendosi in altre parti del globo, divenendo a tutti gli effetti una specie “aliena” e, per questo motivo, profondamente dannosa per un ecosistema non abituato alla presenza di questo animale.
In Italia non è la prima volta che si sente parlare di granchio blu, così come di altre specie “aliene”: a metà del secolo scorso, è stata segnalata per la prima volta la sua presenza. Ma è in epoca contemporanea che, maggiormente, tale presenza si è trasformata in una vera e propria emergenza.
Il Mediterraneo in emergenza
Dal 2017 in poi, le segnalazioni della presenza del granchio blu tra le coste italiane si è moltiplicata a dismisura. Ciò è dovuto anche al naturale comportamento di tale specie: basti pensare al fatto che una singola femmina del crostaceo blu arrivi a deporre ben due milioni di uova, e che raggiunge la maturità in pochissimo tempo, dando via a una riproduzione senza freni. Proprio durante l’ultimo mese, in diverse e inaspettate coste del Mediterraneo sono stati pescati solamente questi granchi: ciò ha creato allarme tra i biologi marini.
Ciò nasce perché questo crostaceo, è sì adattivo alle nuove situazioni entro le quali si trova; tuttavia, l’ecosistema dove si trova ospitato non lo è altrettanto. Per riprodursi, il granchio blu divora le specie autoctone del luogo, mettendo in serio rischio quelle già dichiarate a rischio estinzione.
Ma non ci si ferma qui: sono molte le testimonianze dei pescatori che raccontano di come i granchi siano arrivati a divorare persino parte delle reti da pesca. Quando il cibo termina, inoltre, essi arrivano al cannibalismo, pur di assicurare la sopravvivenza della specie.
Questa riproduzione senza limiti ha già portato a ben 100 milioni di euro di danni al mercato ittico; ciò ha spinto l’Italia a stanziare quasi tre milioni di euro per contenere l’emergenza, specialmente in regioni come Lazio, Toscana, Veneto, Emilia-Romagna.
Ma parte fondamentale del carattere umano è l’inventiva: per questo motivo, sono sempre di più gli chef che decidono di utilizzare tale specie, trasformandolo in prelibatezze culinarie. In Italia, celebri sono diventate le ricette delle Mariscadoras, parte del gruppo Blueat: scorrendo il loro sito, è possibile trovare numerosissimi e deliziosi preparati, a base proprio del crostaceo blu.
Tesoro culinario o distruttore di ecosistemi già duramente colpiti dalla crisi ambientale? Il granchio blu pone gli abitanti del Mediterraneo di fronte all’emergenza e all’estasi culinaria: un problema da risolvere, ma anche una specie da conoscere e, se contenuta, apprezzare.
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