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Sarajevo ha alle spalle un passato non troppo remoto di distruzione e sofferenza. Le cicatrici dell’assedio che colpì duramente la città negli anni ’90 hanno lasciato oggi ricordi indelebili. Tra le tracce più caratteristiche di quel tragico evento risaltano senza dubbio le cosiddette “rose di Sarajevo“. Di cosa si tratta? E qual è il loro legame con la ferocia della guerra?
Le rose di Sarajevo
La capitale della Bosnia ed Erzegovina, centro artistico vivace e noto per la forte componente street art, tra le più sentite in Europa, ospita oggigiorno numerosi graffiti e installazioni artistiche. Molte di queste opere incarnano spesso espressioni pubbliche del dolore e dei traumi della guerra che hanno segnato la città dal 1992 al 1996.
Le rose di Sarajevo sono tra le forme di arte più espressive della guerra; silenti, ma di estremo impatto. Non si tratta di fiori profumati, bensì di veri e propri simboli commemorativi sparsi per la città. Queste rose appaiono come grandi macchie rosse sull’asfalto, dalle quali partono degli schizzi che ricordano i petali di un fiore.
Potrebbero sembrare semplici chiazze colorate sul cemento, ma in realtà costituiscono le evidenze dei massacri e delle violenze subite dalla popolazione sarajevese. Questi “fiori”, infatti, mettono in risalto le tracce dei bombardamenti effettuati durante l’assedio della città.
I duri attacchi su Sarajevo hanno lasciato veri e propri crateri per le strade, provocati dai numerosissimi e micidiali colpi di mortaio. Questi fori sul suolo sono stati successivamente riempiti con della resina rossa, dando, così, forma alle rose di Sarajevo.
Il ricordo delle vittime
Queste forme artistiche contrassegnano, pertanto, i luoghi esatti in cui hanno perso la vita migliaia di persone, tra cui tantissimi bambini. Le insolite chiazze rosse sull’asfalto, pertanto, nascondono alla vista dei passanti i gusci danneggiati dei mortai e, al tempo stesso, rievocano il colore del sangue versato.
Il design delle rose di Sarajevo, simboli commemorativi, è nato con Nedzad Kurto, professore di architettura dell’università di Sarajevo, negli anni del dopoguerra. L’idea era quella di conservare la memoria storica delle tragiche uccisioni a Sarajevo, lasciando che il ricordo del sangue scaturisse proprio dal suolo, laddove i colpi di mortaio erano stati sparati e dove numerose vittime innocenti erano cadute.
L’assedio di Sarajevo
Si stima che l’assedio di Sarajevo abbia causato più di 10.000 morti, tra cui molti civili. Si trattò di un vero e proprio massacro protrattosi per ben quattro anni (1992-1996).
I principali protagonisti della guerra furono, da un lato, l’armata serba nazionalista, dall’altro, quella bosniaca, sostenitrice della multiculturalità e dell’indipendenza del Paese dalla Jugoslavia. I conflitti iniziarono e terminarono con l’assedio della capitale da parte dei serbi.
Non solo rose
Le rose di Sarajevo sono potenti simboli memoriali del dramma bellico nella capitale, ma non sono le uniche espressioni artistiche nate per salvare dall’oblio le numerose morti. Altrettanto rilevanti sono, in effetti, una serie di targhe commemorative della guerra o, ancora, l’evento commemorativo dal titolo: “Sarajevo red line”, svoltosi nel 2012.
Le targhe succitate sono state realizzate con l’intento di denunciare apertamente le stragi di Sarajevo e contrassegnare i luoghi in cui molti cittadini incontrarono la morte. Se ne contano 23 in totale e quasi tutte sono state installate sulle facciate di alcuni edifici, dalle quali è possibile leggere il numero delle vittime avvenute durante l’assedio.
La Sarajevo red line, invece, è stato un esempio commemorativo di natura diversa. Si è trattato di un evento organizzato in occasione del ventesimo anniversario dall’assedio di Sarajevo, la cui principale “attrattiva” è stata un’installazione di 11.541 sedie rosse allineate in massa lungo il corso principale della città. Le numerosissime sedie, dal forte impatto visivo, hanno simboleggiato tutte le vittime della guerra.
Il passato della capitale bosniaca, così, torna un po’ anche nel presente.
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