Si chiama Il poeta è un’isola la magnifica e amara crociera del mar Mediterraneo attraverso la bellezza dei versi dei poeti che ne hanno raccontato luci e ombre. Già raccontato da Omero (VIII secolo a.C.) nell’Iliade e nell’Odissea, i due massimi poemi della letteratura greca, e da Virgilio (70 a.C. – 19 a.C.) nell’Eneide, con l’eroe troiano Enea che ne solcava le onde in cerca di una nuova patria.
Punto d’imbarco è l’Italia, dove i versi del premio Nobel per la letteratura nel 1975 Eugenio Montale (1896 – 1981) attraversano “l’antico mare”, come lo definisce in Ossi di Seppia, a cui seguono quelli di Giuseppe Ungaretti (1888 – 1970) il ritratto silenzioso del mare “in mezzo alle terre”, dal ritmo delle onde che si infrangono sulla spiaggia.
“E poi sotto i cieli che vi ridon più chiari, ha delle arie azzurre, rosee, grigie e verdi” lo decanta dalla Francia Paul Verlaine (1844 – 1896) che con la musicalità del suo componimento ci porta in Spagna dove i versi di José Hierro (1922 – 2002) ci forniscono un’immagine di un Mediterraneo come porto sicuro. Sicuro come l’abbraccio delle acque in cui il poeta volle riposare in eterno, come espresse in Accanto al mare. “Se muoio – scriveva – che mi mettano nudo, nudo accanto al mare. Saranno le acque grigie il mio scudo”.
Dalle coste del Mediterraneo in mezzo al nulla
La crociera poetica si sposta a questo punto in Marocco, da Mohammed Bennis (nato a Fès nel 1948), uno degli autori più importanti della poesia araba moderna, che ci dona uno sguardo luminoso nel componimento La caduta del mare. “Luce su luce – scrive – scenderanno le uve dagli antichi germogli in una danza che si estende all’estremo sud del mare”.
Giungiamo così in Egitto, dai “Luminosi azzurri e gialle sponde del mare al mattino e del cielo limpido” descritti dal poeta greco Costantino Kavafis (1863-1933), passando per la Turchia di Nazim Hikmet (1902-1963) che saluta il Mediterraneo personificato da una persona cara: “Arrivederci fratello mare, mi porto un po’ della tua ghiaia, un po’ del tuo sale azzurro, un po’ della tua infinità e un pochino della tua luce e della tua infelicità”.
A questo punto il viaggio poetico si ferma al centro del mar Mediterraneo, in mezzo al nulla, con i versi di Tesfalidet Tesfom, detto Segen, migrante eritreo sbarcato a Pozzallo, in Sicilia, il 12 marzo 2018 in gravi condizioni di salute e morto poco dopo. Con sé che portava due poesie scritte a mano. “È davvero così bello vivere da soli, se dimentichi tuo fratello al momento del bisogno? Cerco vostre notizie e mi sento soffocare non riesco a fare neanche chiamate perse, chiedo aiuto, la vita con i suoi problemi provvisori mi pesa troppo”.
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