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Sofisticato, raffinato, “bellissimo da vedere ma delicato nel fiato” scriveva la poetessa Alda Merini. La preziosità del vetro di Venezia ne ha fatto fulcro indiscusso della sua manifattura, grazie alla straordinaria abilità dei vetrai e della qualità del prodotto.
Il vetro ha una storia lunga più di quattromila anni. Secondo una leggenda, nacque per caso, sulle rive sabbiose di un fiume, in Siria, dove dei mercanti fenici, per allestire un focolare da campo, utilizzarono blocchi di salnitro che, fuso dal calore e mischiato alla sabbia, diede origine a questa nuova materia. Secondo altre teorie, i primi vetri si formarono come scorie nei processi di fusione di alcuni metalli i cui centri di produzione furono Mesopotamia, Egitto e Siria.
Dal X secolo a.C. il vetro iniziò a diffondersi nei Balcani e in Europa meridionale, fino a raggiungere, in età ellenistica (IV-I secolo a.C.), tutto il Mediterraneo. Ed è proprio dal Medio Oriente che i primi vetrai veneziani imitano e importano alcune materie prime per realizzare i primi manufatti, grazie soprattutto ai profondi rapporti commerciali che Venezia aveva con questa terre.

Il rispetto e l’ammirazione reciproca
Tecnologia produttiva e raffinatezza del decoro della Siria, celebri sin dal Medio Evo, fanno sì che nel 1277 il doge, massima autorità politica e amministrativa di Venezia, stipulò con Boemondo VII, principe di Antiochia – all’epoca città siriana e oggi nel territorio turco – un trattato a seguito del quale i segreti della manifattura del vetro siriana furono introdotti a Venezia, insieme ai materiali grezzi e agli artigiani arabo-siriani.
Fu sostanzialmente in virtù del rapporto con l’Oriente che Venezia divenne un grande impero marittimo. Avamposto settentrionale bizantino nel VI secolo, già tra il IX e l’XI sviluppa le sue attività mercantili lungo le rotte del Mediterraneo, mentre acquisisce sempre maggiore indipendenza e autonomia. Ma se Venezia si avvicina con rispetto e ammirazione alla cultura islamica, ne riceve in cambio altrettanto interesse: da un lato artisti e artigiani veneziani apprendono da quelli islamici tecniche, stili, materiali, decorazioni, dall’altro i mercanti d’Oriente importano manufatti veneziani che gli stessi sultani apprezzano e commissionano.

La fama
Pochi anni dopo, nel 1291, un decreto del Maggior Consiglio impone a tutte le fornaci presenti nel centro storico di Venezia di trasferirsi nell’isola lagunare di Murano per ridurre i rischi di incendio in città. In questo modo la Repubblica della Serenissima poteva anche avere un maggior controllo sulle fornaci e sui suoi vetrai evitando così che i segreti di quest’arte potessero essere esportati al di fuori dei suoi confini: I vetrai non potevano abbandonare l’isola se non con un permesso speciale. Questo perché i commercianti di Venezia vollero fin da subito che questa arte fosse un elemento distintivo che nel tempo avrebbe portato i suoi frutti.
Poco più di un secolo dopo, Venezia, complice il declino della produzione islamica, assume una leadership incontrastata nell’arte del vetro. La svolta è determinata anche dall’invenzione del vetro cristallino dovuta al muranese Angelo Barovier (1405-1460): per la prima volta nella storia il vetro è trasparente, purissimo. Per Barovier e per Murano è la fama. I loro vetri trasparenti, decorati con smalti policromi fusibili e oro sono richiesti da grandi famiglie, dai dogi, perfino dal papa. In una storia che racconta di tecniche di fabbricazione avvenute tra i popoli del Mediterraneo che può essere percorsa negli allestimenti del Museo del Vetro di Murano.
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