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Il cous cous siciliano è molto più di un semplice piatto: è un simbolo di convivialità e integrazione culturale, con radici che affondano nelle antiche tradizioni culinarie del Nord Africa. La sua presenza in Sicilia, infatti, è un riflesso della complessità e della ricchezza della cultura mediterranea. Scopriamone insieme le origini!
Cous cous: dagli arabi ai siciliani
Il racconto che si tramanda sulla sua diffusione suppone che questo alimento, arrivato in Sicilia grazie agli arabi, abbia trovato un terreno fertile dove mettere radici, diventando un elemento cruciale della cucina locale. I marinai di San Vito Lo Capo e i trapanesi furono coloro che, grazie ai loro rapporti commerciali con gli arabi, introdussero il cous cous nel territorio siciliano.
Viene menzionato per la prima volta nei manuali di cucina già nel IX secolo, presso la corte dei califfi abbasidi a Baghdad. Nato come piatto povero nei contesti berberi dell’Ifrīqiya, fu introdotto nelle corti e utilizzato in vari riti religiosi e comunitari.
Non è un caso che molti studiosi abbiano analizzato le società del mare, accorgendosi di come queste siano riuscite a creare un fitto reticolo di specificità alimentari che, pur essendo differenti, riescono a somigliarsi. Ciò viene spiegato da Braduel, storico dell’età moderna e dell’economia, che sottolinea come un’ampia parte dei paesi del Mediterraneo abbia alla base alimentare ingredienti in comune come: farina e cereali.
Grazie a questi studi si riesce a comprendere ancora di più il grande dialogo e la grande integrazione fra le diverse culture, facendo emergere nuovi scenari e nuove ricerche storiche.
Fra mito e variante culinaria
La storia del cous cous in Sicilia è piena di numerose leggende, fra cui quella che vede come protagonista il re Salomone che, non corrisposto dalla donna amata, decise di non mangiare più. Il cuoco, dunque, decise di fargli assaggiare questa pietanza per rimetterlo in forze. Fu così che re Salomone, dopo averlo mangiato, si sentì subito meglio e si innamorò della pietanza.
Altre leggende affermano che un viaggiatore che si trovava a Damasco, dopo essersi ammalato, venne guarito grazie a un sogno in cui il profeta Muhammad gli consigliava di mangiare questo alimento dalle proprietà benefiche.
Un’altra leggenda narra che il cous cous abbia origini marine. Una donna scoprì, osservando un topolino, l’esistenza di una sabbia speciale commestibile. I granelli dorati che coprivano la spiaggia erano in realtà semola di grano proveniente da un’antica nave affondata. Da quel momento, gli abitanti del villaggio riuscirono ad alimentarsi tanto da poter prosperare.
In Sicilia il kesksu di pesce è particolarmente diffuso, soprattutto fra le famiglie dei pescatori. Questo piatto non è stato semplicemente importato, ma si è perfettamente adattato alle tradizioni territoriali, diventando un alimento caratteristico della cucina locale.
Nella tradizione siciliana, questo alimento viene preparato in un recipiente chiamato mafaraddo e cotto in una pentola in terracotta smaltata. Il piatto, successivamente condito con una zuppa di pesce, viene arricchito con spezie e aromi locali.
Cosa significa e come si mangia il Cous cous
Il nome cous cous deriva dal termine berbero kesksu e si riferisce al gesto di modellare la semola con le dita. La preparazione di questo piatto viene affidata sempre dalle donne arabe, come in molte altre culture del mediterraneo, che sono responsabili della trasformazione delle materie prime alimentari.
Gli uomini, invece, si siedono attorno a un gran piatto circolare e lo mangiano in maniera comunitaria seguendo una regola ben precisa: intingere tre dita della mano destra nel cous cous, come puntualizza il Corano: «Con un dito mangia il diavolo, con due il profeta e con cinque l’ingordo».
“Cuscusu”, non solo quello trapanese!
Il cuscusu alla trapanese nasce dalla semola di grano duro lavorata a mano fino a ottenere minuscoli granelli. Viene cotto a vapore e condito con una zuppa di pesce chiamata “ghiotta” e successivamente arricchita con abbondante aglio pestato al mortaio. La preparazione di questo alimento è un’arte che si tramanda da generazioni e che celebra l’unione e la convivialità.
Oltre al piatto tipico di Trapani ci sono delle rivisitazioni molto interessanti in giro per la Sicilia. Preparato con verdure fresche, legumi e spezie locali, il “cuscusu” di Pantelleria rappresenta una vera e propria peculiarità delle feste cittadine. Simile, invece, a quello trapanese la pietanza mazarese, oltre al pesce, aggiunge anche molluschi e crostacei. Spostandosi verso San Vito Lo Capo si può degustare una versione insulare del piatto, arricchita con capperi di Pantelleria che si sposano perfettamente con il pesce fresco del mar Mediterraneo.
Tutte queste varianti sono la chiara dimostrazione che il cous cous è una pietanza molto versatile e ciò lo rende il perfetto simbolo di integrazione e fusione culturale.
Il festival di San Vito Lo Capo
A San Vito Lo Capo, dal 1997, la pietanza viene celebrata ogni anno in un festival internazionale, al quale partecipano cuochi provenienti da vari paesi del Mediterraneo. Questo evento festeggia il piatto come mezzo di comunicazione e socializzazione, esaltando le diverse modalità di preparazione del cous cous e promuovendo l’integrazione culturale. Non resta, dunque, che partecipare e assaporare tutte le deliziose varianti di questo alimento!
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