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Il 5 maggio 1821, in una remota isola dell’Atlantico meridionale, moriva uno degli uomini che più di tutti ha lasciato un segno profondo nella storia d’Europa: Napoleone Bonaparte. La data, scolpita nella memoria collettiva dai versi solenni di Alessandro Manzoni, segna la fine di un’epoca. Con la morte, l’ex imperatore si spoglia delle vesti di figura storica per divenire mito immortale.
Gli ultimi giorni dell’imperatore
Relegato sull’isola di Sant’Elena dopo la sconfitta definitiva a Waterloo, Napoleone trascorse i suoi ultimi sei anni in esilio sotto la sorveglianza britannica. Afflitto da problemi di salute, passava le giornate tra letture, memorie e lunghe conversazioni con i pochi fedelissimi rimasti accanto a lui, come il valletto Louis Marchand e il conte Las Cases.
L’isolamento, politico tanto quanto umano, contribuì a logorarlo lentamente. Il 5 maggio 1821, dopo giorni di agonia, Napoleone spirò pronunciando le parole “Francia, armée, tête d’armée… Joséphine” (“Francia, esercito, capo dell’esercito… Giuseppina”).
Il richiamo a Joséphine de Beauharnais non fu casuale. Prima imperatrice dei francesi, Joséphine fu il grande amore della sua vita, nonostante il divorzio a causa dalla sua sterilità. Napoleone la amò fino alla fine, tanto da tenere con sé un ritratto e una ciocca dei suoi capelli durante l’esilio.

La poesia di Manzoni: un ritratto cristiano della grandezza
Alessandro Manzoni scrisse “Il Cinque Maggio” in pochi giorni, profondamente colpito dalla notizia. Il componimento non è solo un’ode alla grandezza militare, ma una riflessione morale e cristiana sul destino umano. Manzoni ammira la potenza del protagonista, ma è la conversione religiosa negli ultimi giorni a renderlo degno di misericordia divina, agli occhi del poeta.
“Fu vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza…” Con questi versi, Manzoni lascia al giudizio della storia il compito di valutare, ma nel frattempo eleva l’uomo al di sopra delle sue colpe, riconoscendo il mistero della grazia.
“Dall’Alpi alle Piramidi, / dal Manzanarre al Reno, / di quel securo il fulmine / tenea dietro al baleno…”
e ancora:
“...tu dalle stanche ceneri / sperdi ogni ria parola: / il Dio che atterra e suscita, / che affanna e che consola.”
Il poeta riconosce in Napoleone un eletto della Provvidenza, la cui grandezza si compie non solo sul campo di battaglia, ma nel silenzio dell’espiazione finale.
Napoleone e il Mediterraneo
Sebbene il nome di Napoleone evochi spesso Parigi o le campagne continentali, il suo rapporto con il Mediterraneo fu strategico tanto quanto simbolico. La spedizione in Egitto del 1798, pur fallimentare dal punto di vista militare, diede impulso all’orientalismo europeo e alle prime forme di egittologia scientifica: basti pensare alla scoperta della Stele di Rosetta.
Nel Sud Italia, il suo influsso fu veicolato dal cognato Gioacchino Murat, re di Napoli dal 1808 al 1815. Sotto il suo governo si introdussero il Codice napoleonico, riforme agrarie e un’ampia modernizzazione dell’apparato statale. A Napoli, Piazza Municipio e la sistemazione del Largo di Palazzo, oggi Piazza del Plebiscito, portano ancora l’impronta urbanistica di quel periodo, così come l’istituzione della Guardia Nazionale e la soppressione dei feudi in Calabria e Basilicata.

Napoleone icona romantica
Se durante la vita Napoleone fu temuto e odiato da molti, dopo la morte divenne una figura mitica. I romantici lo elessero a simbolo del genio solitario, dell’ambizione titanica e della caduta tragica. Eugène Delacroix lo immortalò nel dipinto Napoleone in veste di imperatore, accentuandone l’aura eroica. Beethoven gli dedicò inizialmente la Sinfonia n. 3 – Eroica, poi ritirata quando l’imperatore si proclamò tale, ma il titolo rimase come simbolo del suo slancio epico.
Nel Novecento, il cinema non mancò di celebrarlo: dal kolossal muto Napoléon di Abel Gance (1927), fino al recente Napoleon di Ridley Scott (2023) con Joaquin Phoenix. Stanley Kubrick, affascinato dalla figura di Bonaparte, progettò un film mai realizzato, oggi considerato uno dei più grandi progetti cinematografici incompiuti.
Curiosità e leggende
Le circostanze della morte non cessarono di alimentare speculazioni. Un’analisi tossicologica condotta nel XX secolo su un campione dei suoi capelli rivelò concentrazioni anomale di arsenico, dando adito all’ipotesi di un avvelenamento lento. Tuttavia, si è anche ipotizzato che l’arsenico potesse provenire dalle tappezzerie della residenza di Longwood, trattate con pigmenti tossici.
Controverso anche il destino della sua salma: inizialmente sepolto a Sant’Elena, fu traslato nel 1840, dopo lunghe trattative con gli inglesi, a Parigi, dove oggi riposa nel maestoso sarcofago rosso degli Invalides. La monumentalità della tomba riflette la volontà della Francia di riappropriarsi del proprio eroe, elevandolo a simbolo nazionale.
Il culto laico di Napoleone continua: il suo cappello bicorno è stato battuto all’asta nel 2021 per oltre 1,2 milioni di euro. Le lettere a Joséphine, piene di pathos e passione, sono conservate in collezioni private e presso la Bibliothèque nationale de France. La sua spada da parata, appartenente alla Campagna d’Italia, è stata venduta per 6,4 milioni di dollari nel 2007.
Napoleone Bonaparte fu molte cose, che difficilmente un uomo solo può incarnare: rivoluzionario, legislatore, condottiero, imperatore. La sua morte il 5 maggio chiude una parabola straordinaria. Ancora oggi, a oltre due secoli dalla sua scomparsa, il suo nome suscita riflessioni sul potere, sull’ambizione, sull’eredità che la storia trasmette.
E quella domanda manzoniana, così semplice eppure così profonda, resta aperta: fu vera gloria?
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