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Quando si pensa alla Formula 1, le prime immagini che affiorano alla mente sono di auto velocissime, tecnici, piloti, circuiti… Tuttavia c’è una storia meno nota, ma non per questo meno affascinante: quella di Luigi Montanini, detto “Pasticcino”, il “primo cuoco dei paddock” per la Ferrari.
Quando un cuoco incontra la F1
Purtroppo, non sono reperibili molte fonti riguardo Montanini prima dell’ingresso nei paddock di F1. Luigi Montanini nasce nei pressi di Modena e in gioventù lavora in pasticcerie locali. Da qui deriverebbe il soprannome “Pasticcino”, affibbiatogli proprio da Piero Ferrari, che avrebbe voluto evocare il legame dolce con la sua terra.
Secondo molte fonti contemporanee, alla fine degli anni ’70 Enzo Ferrari, conosciuto come “il Drake”, intuì che per ottenere buoni risultati in pista bisognava prendersi cura anche del benessere del team. Decise quindi di affidare a un cuoco il compito di seguire la squadra durante le trasferte, perché “i tecnici lavorano bene se mangiano bene”. Nel racconto ufficiale del ristorante, Montanini sarebbe stato scelto per accompagnare la scuderia nei circuiti e inaugurare il concetto di hospitality nei paddock.
Fonti giornalistiche affermano che fino al 1978 Luigi lavorava come pasticcere a Maranello, e solo allora fu arruolato dalla Ferrari per portare la sua cucina in pista. Luigi, con la moglie Ada, cucinava su fornelli portatili, con poche pentole, ricorrendo a ingredienti semplici ma nutrienti. La pasta, racconta, era l’unico alimento reperibile in quasi ogni angolo del mondo.

È una figura che viene spesso chiamata “il primo chef di Formula 1”; ad esempio nella campagna Barilla, Montanini viene descritto come colui che portò la convivialità nei box. Tuttavia, questa denominazione merita cautela: non esiste una fonte certa che certifichi che Montanini fosse l’unico o il primo cuoco itinerante in assoluto.
La cucina di Montanini
I piatti cucinati erano perlopiù semplici, rustici, autentici: spaghetti al pomodoro, aglio e olio, il ragù preparato da Ada. Secondo Montanini, molti piloti li apprezzavano proprio per la loro familiarità, “come a casa”. Racconta che Gilles Villeneuve amava i funghi nel sugo, Schumacher preferiva zuppe e minestroni, mentre Alesi non resisteva alle crostate.
Sul sito del suo ristorante, Montanini ricorda questi momenti con affetto: “Non era difficile dar da mangiare ai piloti, bastava un bel piatto di spaghetti al sugo di pomodoro.”
Ma la vera magia stava nell’atmosfera che riusciva a creare: pasti improvvisati su un cofano d’auto o su tavoli da campo, momenti in cui tecnici, ingegneri, meccanici e piloti si fermavano, parlavano, ridevano. Era lì che, come riportato da lui stesso, “con un piatto di pasta, i rivali diventavano amici”.
Va però sottolineato che questi episodi appartengono più alla sfera della memoria che a quella della cronaca. Non esistono registrazioni o documenti d’epoca che confermino la scena di piloti che abbandonano il box per unirsi a un convivio improvvisato nel paddock.
Gli anni in pista
Montanini rimase dodici anni alla Ferrari con la sua cucina itinerante. In seguito, avrebbe passato parte della carriera al seguito della scuderia Benetton, con cui servì piloti e tecnici in altri ambienti di gara. Purtroppo, dei problemi di salute lo portarono a lasciare progressivamente l’attività itinerante, fino a stabilirsi definitivamente al ristorante.
È da segnalare che in molte ricostruzioni moderne Montanini è associato a “circa 500 Gran Premi” come chef itinerante. Anche qui, purtroppo, non si hanno fonti ufficiali a sostegno: si tratta, tuttavia, di un’altra immagine estremamente evocativa che contribuisce a rafforzare l’immaginario intorno a Pasticcino.
Il ristorante Da Pasticcino è oggi il fulcro della memoria di Montanini. Le pareti sono tappezzate da fotografie storiche del mondo F1, ritratti con campioni, articoli e caricature. Il locale è noto anche per i piatti tipici modenesi, per relazioni con produttori locali e per l’importanza data alla tradizione.
Il revival con Barilla
Nel 2025 Barilla, nel contesto della sua nuova partnership con la F1 come Official Pasta Partner, ha lanciato la campagna globale “Tastes Like Family”, centrata sulla figura di “Pasticcino”.
Nei materiali promozionali Montanini è rappresentato con due fornelli, utensili semplici e una scatola di pasta, mentre cucina per il paddock, trasformando gara e rivalità in un momento di pausa e condivisione. La campagna punta a riscoprire il valore del cibo come elemento che unisce, anche nei contesti più competitivi: Montanini diventa il perfetto esempio del ponte fra italianità e spirito sportivo.
Ma questa rinascita narrativa comporta una trasformazione che è doveroso notare: Pasticcino entra nel mito, diventa simbolo. Di conseguenza, diventa più difficile distinguere dove finisce la verità storica e dove inizia il racconto, addolcito dagli anni trascorsi. Le fonti indipendenti dell’epoca restano limitate; molti episodi, come i piloti che lo abbracciano o le visite dei piloti in cucina, provengono da testimonianze successive, difficili da verificare.
Nel frattempo, il mondo della Formula 1 è cambiato: oggi ogni scuderia dispone di strutture dedicate all’hospitality, chef dedicati e servizi impeccabili. L’immagine di un cuoco itinerante con poche pentole appartiene a un’altra epoca, ma continua a sopravvivere come monito dell’importanza di prendersi una pausa, ricongiungersi con chi ci sta intorno.
Luigi “Pasticcino” Montanini non può essere ridotto a un semplice cuoco: in ogni caso, la sua figura ha cambiato il modo di vivere le pause nei paddock. Anche se molti dettagli restano nella nebbia della memoria, la sua storia ci ricorda che anche dove tutto sembra fretta, c’è bisogno di lentezza, semplicità, condivisione e un piatto caldo.
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