Contenuti
Questo articolo è disponibile anche in:
La Turchia è tra quei Paesi del Mediterraneo dove vi è una gran concentrazione di edifici, variegati e dagli scopi differenti, ma accomunati da una bellezza unica nel suo genere. Una parte, numericamente importante, di questi edifici sono stati progettati e fatti costruire da Mimar Sinan: colui che, per oltre mezzo secolo, detenne il titolo di architetto capo dell’Impero Ottomano. Ma non tutti sanno, tuttavia, che tale personaggio, di vitale importanza per l’architettura ottomana, ha origini legate alla schiavitù.
Le origini di Mimar Sinan e il devşirme
La reale provenienza di Mimar Sinan resta, ancor oggi, fortemente dibattuta. Potrebbe essere stato armeno, greco o albanese; incerto è anche l’anno di nascita, sebbene si pensi che il futuro architetto capo dell’Impero Ottomano sia nato entro l’ultimo ventennio del 1400, e più precisamente tra il 1485 e il 1491.
Ciò ch’è certo è come il giovane, vivendo in uno dei territori conquistati dall’Impero Ottomano, fu sottoposto alla pratica del devşirme: la pratica che vedeva il trasferimento dei prigionieri tratti in schiavitù, dopo una conquista, a Istanbul, per diventare leali servi o soldati. Per il ragazzo la scelta cadde sul servizio militare: fu così che, dal 1512 in poi, venne assegnato ai Giannizzeri, divenendo un ufficiale nel 1534 circa.
Fu proprio la vita da soldato a permettere a Sinan di formarsi artisticamente: partecipando alle numerose campagne militari di Solimano il Magnifico, infatti, ebbe la possibilità di conoscere quelli che erano gli stili architettonici dell’epoca, presenti in gran parte dell’Europa e dell’Asia. Fu così che, di pari passo alla carriera militare, Sinan divenne architetto, disegnando grandi e piccole strutture, che presto avrebbero attratto l’attenzione dei regnanti.
Architetto capo dell’Impero Ottomano
La prima a interessarsi al lavoro di Sinan fu Haseki Sultan Hürrem, favorita di Solimano e prima concubina a lasciare tale ruolo per divenire moglie legale del sultano, dando vita a una tradizione perdurata negli anni a venire. La donna, affascinata dallo stile dell’architetto, gli commissionò una moschea imperiale, il Complesso Haseki Sultan: fu la prima di una lunga serie di lavori assegnati all’architetto dal sultano, dalla moglie e dalla sua famiglia, portandolo a divenire Mimar, architetto capo dell’Impero.
Il lavoro di Mimar Sultan si protrarrà per più di mezzo secolo, al servizio non solo di Solimano il Magnifico, ma anche del figlio Selim II e del nipote Murad III, dando vita ad alcune delle più belle costruzioni dell’epoca ottomana, rimaste imbattute in grandiosità e splendore. L’ex Giannizzero si spegnerà in tarda età: rimanendo fedele al suo stile, progetterà la sua türbe (o “mausoleo”), venendo seppellito nelle vicinanze dei suoi più grandi benefattori, Solimano e Hürrem.
Le sue opere, ancora oggi, nonostante i dovuti lavori di restauro, restano ancora tra le mete più scelte dai turisti; gli hammām costruiti dall’architetto, oggi rimessi in funzione, sono tra i più belli presenti in Turchia. Il lavoro di Mimar Sinan, dunque, vive ancora oggi, celebrando colui che, da schiavo, ottenne una posizione di prestigio, tanto da esser ricordato come l’artefice del momento di massimo splendore dell’architettura ottomana.
Rimani sempre aggiornato seguendoci su Telegram!