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“Hijabization”. È il termine usato da Princess Hijab per definire i propri graffiti, forme di street art che hanno come protagonista proprio il velo. Le sue opere sono particolarissime perché reinventano il hijab e lo accostano a contrastanti modelli di nudità occidentali, attraverso la manomissione di alcuni cartelloni pubblicitari affissi nella metro parigina. Cosa si sa di questa misteriosa artista? e in cosa consistono le sue originali opere di “hijabizzazione”?
Chi è Princess Hijab?
È un personaggio enigmatico che tiene celata la propria identità e agisce di notte, quando la metropolitana della ville lumière è meno affollata. “Princess Hijab” è l’appellativo con cui è conosciuta (o, forse, conosciuto). Poco si sa di lei perché presta molta attenzione a non rivelare il proprio aspetto. Gira incappucciata, con dei vestiti larghi e una parrucca che le nasconde il volto.
Da alcune interviste è emerso che potrebbe non essere musulmana, eppure il velo è l’asse focale di tutti i suoi interventi artistici, ciascuno dal forte impatto visivo. Il hijab, ma sarebbe più giusto parlare, sensu lato, di velo, è il grande protagonista di tutti i suoi graffiti, realizzati a partire dal 2006.
Princess Hijab ha affermato, però, che le sue opere mirano a una comunicazione che va oltre l’aspetto religioso e che ciò che conta sapere realmente su di lei è il fatto di essere un’artista. Le sue creazioni hanno uno scopo ben preciso: creare sbigottimento, stupore, lasciare interdetti i passanti.
Il velo nei graffiti dell’artista
L’operato dell’artista parigina consiste nel modificare, per mezzo di una semplice vernice spray nera, l’aspetto dei modelli anonimi che posano per le più importanti e rinomate firme occidentali: da Dolce & Gabbana a H&M, e tante altre ancora.
Princess Hijab “si limita” a disegnare dei veli di varie tipologie, con lunghezze e gradi di copertura diversi. Un aspetto interessante dei suoi lavori consiste proprio nella scelta di applicare questi indumenti, notoriamente islamici, sui corpi e sui volti di modelli seminudi, spesso, dalle accentuate note provocanti e trasgressive.
Il risultato finale è semplice, ma di impatto. Questa forma di arte “mordi e fuggi”, e in un certo senso vandalica, dato che le immagini pubblicitarie attentamente selezionate dalla graffitista vengono de facto modificate, fa un uso del velo in modo del tutto nuovo e inaspettato.
Una “hijabizzazione” non convenzionale
È, dunque, semplice immaginare come questi cartelloni riescano a catturare l’attenzione dei pendolari francesi che, attraversando i corridoi della metropolitana, si imbattono in queste curiose creazioni. Gli interventi artistici di Princess Hijab creano, infatti, un contrasto tra modelli estetico-culturali distanti tra loro.
Il velo copre i modelli presi di mira dall’artista, ma non del tutto. Si può notare, in effetti, una copertura insolita del volto e del capo, ma soprattutto del corpo dei vari soggetti “hijabizzati”. Spesso restano visibili l’addome, il décolleté o le gambe, ad esempio.
Nelle diverse opere, il hijab disegnato da Princess Hijab diviene uno strumento per mettere a confronto concezioni estetiche opposte. Da un lato il velo, che nell’islam è simbolo e veicolo di modestia; dall’altro, l’accentuata nudità e sessualità dei modelli scelti dalle grandi griffe, esposti come fossero “pezzi di carne”, e sempre impeccabili, magrissimi e privi di imperfezioni.
L’incontro-scontro tra il velo e questi soggetti crea, pertanto, una interferenza visiva. Il velo appare come un corpo estraneo all’interno di immagini dove regna un eccessivo esibizionismo. Princess Hijab, in conclusione, reinterpreta il velo, quasi snaturandolo. Eppure, l’artista francese non è l’unica a impiegarlo per i propri fini artistico-comunicativi. Il velo continua a sollevare molti dibattiti oggi e, talvolta, diventa la musa ispiratrice di libri, di fumetti, di film, di canzoni o, come in questo caso, di graffiti.
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