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Dal legno lavorato si ottiene il oud, uno strumento musicale eccezionale in grado di dar voce a storie ed emozioni umane. Simile al liuto, esso risulta estremamente piacevole grazie alle sue melodie ipnotizzanti ed evocative, e detiene lo status di “sultano” degli strumenti tradizionali della musica araba.
Ciononostante, il fascino esercitato dal oud ha trasceso i confini arabi. Sebbene oggi sia conosciuto e suonato soprattutto in Medio Oriente e parti del Nord Africa, occorre ricordare che esso viene insegnato anche in altri territori, come quelli statunitense e britannico, dove esistono corsi universitari dedicati. È, in effetti, uno strumento con una interessante storia alle spalle, dalle origini antiche e dalla versatilità incredibile, in grado di fondere il classico e il contemporaneo.
Dal 2022, l’esecuzione musicale del oud e la sua lavorazione artigianale in Iran e in Siria hanno ottenuto un riconoscimento ufficiale dall’UNESCO, entrando a far parte della lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità. Questo strumento merita, dunque, un approfondimento.
Oud: che strumento?
Il oud, dall’arabo: legno, è uno strumento a corda, tra i più celebri della musica tradizionale araba. Si tratta di un oggetto estremamente elegante composto da un corpo ligneo principale dall’aspetto rigonfio con un grande foro al centro, chiamato shamsiyya, e due rosette laterali più piccole dette qamarāt. Le corde che attraversano la cassa armonica sono generalmente cinque, sebbene questo numero possa variare, insieme ad altre componenti dello strumento.
Il materiale e la dimensione del oud, infatti, cambiano in base all’area di provenienza. Come ampiamente commentato durante l’intervento del professore Salvatore Morra al ciclo di seminari Conoscere il mondo islamico organizzato dall’Università di Catania, sono facilmente individuabili alcune differenze tra lo strumento nordafricano e orientale. Il oud sharqi (oud orientale), ad esempio, è più voluminoso rispetto a quello tunisino e il collo non presenta inserti decorativi in osso ed ebano, riscontrabili, invece, in quello nordafricano.
Esistono, inoltre, molti stili ed esecuzioni del oud, e può essere suonato da solo o in ensemble, con l’accompagnamento di canti e danze tradizionali. Poiché trattasi di uno strumento a pizzico generalmente di medie dimensioni, esso viene tenuto in modo analogo a una chitarra: appoggiato su una gamba dalla quale si pizzicano, appunto, le corde.
Si potrebbe poi aprire un altro lungo e interessante capitolo sulla lavorazione del oud, una tradizione artigianale secolare, tramandata di generazione in generazione. A produrlo sono soprattutto uomini, sebbene l’interesse delle donne artigiane sia sempre più in crescita. Per realizzare questo strumento sono necessari fino a 1-3 mesi di lavoro e i prezzi si aggirano intorno ad alcune centinaia di euro.
La prima “casa araba del oud“, nonché scuola di musica tradizionale del liuto arabo, ha il suo cuore nella capitale egiziana. Fondata dal musicista iracheno Nasīr Shamma nel 1998 per preservare il prezioso patrimonio musicale, essa ha successivamente aperto quattro succursali in altri paesi arabi. Da lì sono passati grandi nomi della musica araba, sia in veste di insegnanti che in qualità di studenti, come il marocchino Saïd Chraibi o il siriano Ghassan Youssef.
Un salto nel passato di 3.000 anni
Il liuto arabo è uno strumento dalle origini antiche e, a tratti, incerte. Probabilmente capostipite dei più noti strumenti cordofoni occidentali, risale intorno al terzo millennio a.C. La sua culla di origine, tuttavia, è fortemente dibattuta. Secondo alcuni studiosi, potrebbe esser nato in Persia, mentre per altri in Mesopotamia o in Egitto.
Il oud è, dunque, uno strumento misterioso, tale da essere stato persino protagonista di alcune leggende. Dal IX secolo, infatti, sarebbero circolate voci circa il primo inventore e musicista dello strumento che risponde al nome di Lameck, nipote del celeberrimo Adamo, il progenitore dell’umanità.
Le tracce del liuto arabo si trovano in tutto il bacino del Mediterraneo e, come descrive il professore Seifed-Din Shehadeh Abdoun nel suo studio intitolato The Oud Across Arabic Culture, la presenza di alcune testimonianze archeologiche aiutano a far luce sulla storia di questo strumento antico. Richerche hanno dimostrato, in effetti, che i primi oud erano strumenti di piccole dimensioni, facilmente trasportabili e utilizzati in occasione di processioni e riti religiosi.
Un’eredità che travalica il tempo
L’importanza del liuto arabo è tale da essere conosciuto non solo in ambito puramente musicale, ma anche in letteratura, filosofia e, più recentemente, anche nel cinema.
In epoca omayyade e abbaside, pensatori come Ibn Sina (Avicenna), al-Kindi e al-Farabi, quest’ultimo autore del Kitab al-musiqa al-kabir (Il Grande libro della musica), sommo trattato sulla musica araba del Medioevo, scrissero del oud come base per lo studio e l’interpretazione del sistema musicale arabo. Disquisirono su questioni relative al ritmo, alla melodia e alla struttura proporzionale del oud. Ma i riferimenti al oud sono stati numerosi anche nella poesia araba, sia preislamica che medievale.
Grazie a queste opere, oggi è ben noto che il oud venisse suonato per gli scopi più svariati: dall’intrattenimento ai rituali religiosi, dalle cerimonie solenni al cosiddetto “tarab“. Questo termine rimanda a uno stato di estasi indotto dalla musica, specialmente del liuto arabo, insieme al canto e all’esibizione del musicista.
Il oud oggi è un forte strumento di costruzione identitaria, espressione, per esempio, del mālūf, la mūsīqā taqlīdīyya tunisina, (letteralmente: musica tradizionale), un complesso genere che risulta dall’inclusione di numerose forme musicali e poetiche.
In conclusione, il oud arabo è in grado di diffondere un acceso sentimento di appartenenza culturale, che risiede non solo nella sua melodia e nella sua storia, ma anche nella ricca tradizione artigianale e nello spirito comunitario in grado di infondere.
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