Contenuti
Il 21 dicembre, da sempre, è legato al solstizio d’inverno: il momento nel quale iniziano tre mesi rigidi, i cui giorni sono caratterizzati dalla prevalenza dell’oscurità, delle ore di buio. Ma si tratta anche dell’inizio del cammino verso quei giorni che, a partire dall’equinozio di primavera, vedranno il prevalere della luce, fino anche a ore tarde.
La notte più lunga dell’anno, in parecchie culture e in diversissime parti del mondo, è un momento atteso, di festa, celebrato nelle più diverse maniere. Essa si presenta sotto numerosi nomi: Yaldā o Chellah (dal persiano), Dongzhi in Cina. Cosa accade in questi luoghi, durante la notte del solstizio invernale?
Il solstizio d’inverno tra cibo, storie e superstizioni
La celebrazione della notte più lunga dell’anno è frutto di una tradizione giunta fino al giorno d’oggi sin da tempi antichi: era già presente nei calendari del 500 a.C., dunque ai tempi del monarca persiano Dario I. Tipicamente iraniana, in età contemporanea viene celebrata in tutti quei paesi che ne subirono l’influenza: dall’Afghanistan all’Azerbaijan, fino ad arrivare, sul Mediterraneo, in Turchia, dove persiste grazie alla presenza del gruppo etnico azero.
Legata originariamente alla religione iraniana del Zoroastrismo, la notte del 21 dicembre era anticamente temuta: l’oscurità, infatti, portava con sé entità malevole (daeva, déi rifiutati, dunque legati al male), che minacciavano il benessere e la ricchezza che le famiglie avevano accumulato durante i giorni di luce. Per proteggersi da tali sventure, allora, si contrastavano le entità malevole con una nottata di allegria e serenità, trascorsa all’insegna del cibo e dell’amicizia. Passato il pericolo, il giorno successivo diveniva allora una vera e propria festa.
Molti secoli dopo, giungendo in epoca moderna, tale significato profondamente radicato nella religione Zoroastriana è andato trasformandosi; l’abitudine del trascorrere la notte di passaggio da una stagione all’altra, tuttavia, non è cambiata. La celebrazione di Yaldā o Chellah vede protagoniste, al giorno d’oggi, superstizioni, storie e, soprattutto, buon cibo: tutti elementi che allietano lo scorrere del tempo, in attesa del nuovo giorno.
Il cibo viene posizionato sul korsi, il tavolino basso tipicamente presente nelle case iraniane, la cui particolarità risiede nel calorifero presente alla sua base, coperto da una tovaglia. Alla scelta del cibo si lega strettamente la superstizione: si sceglie, infatti, di consumare frutti tipicamente estivi come l’anguria e il melograno, poiché grazie all’acqua contenuta in essi, si rischieranno in minor maniera i malanni o le sventure legate al caldo.
Ancora, tra i cibi maggiormente consumati vi sono l’aglio, comunemente creduto come rimedio ai dolori alle articolazioni, ma anche le olive, le pere e le carote, utili ad evitare il pungiglione di insetti e animali pericolosi, ad esempio gli scorpioni. Un dolce tradizionalmente consumato è il Kafbikh, una pasta creata a partire dalla radice di una pianta da fiore, comunemente conosciuta come Bikh, alla quale vengono aggiunti miele, zucchero o frutta secca.
Il cibo consumato durante la celebrazione del solstizio d’inverno accompagna la secolare tradizione orale della festa di Yaldā. Si narrano leggende, come quella di Mehr e Maah, Sole e Luna, amanti che da sempre si inseguono per incontrarsi brevemente. Si leggono i poemi di Hafez, così come l’opera epica di Ferdowsi, Shahnameh, composto da più di 50.000 distici e quindi considerato tra i più lunghi del mondo.
Dongzhi: la notte più lunga dell’anno in Asia
Sebbene la celebrazione di Yaldā arrivi persino dall’altra parte del mondo (viene celebrata, infatti, dagli iraniani presenti in Canada e negli Stati Uniti), anche in Asia la notte più lunga dell’anno viene festeggiata, sotto il nome di Dongzhi. A tale celebrazione, tanto in Cina quanto in Corea, viene legato il consumo dei tangyuan rosa e bianchi, dolci palline di riso con ripieno, immerse nello sciroppo o nel brodo; in Giappone, invece, si consumano zucche e prugne, mentre si beve succo d’uva caldo.
Sebbene si tratti dell’inizio degli “oscuri” mesi invernali, caratterizzati da temperature rigide e, soprattutto, da giornate brevi e maggiormente “al buio”, per moltissime comunità sparse nel mondo il 21 dicembre si trasforma in un’occasione per festeggiare. Buon cibo, poemi epici e tante superstizioni accompagnano l’arrivo dell’inverno: una celebrazione antica e sempre nuova, resistente ai secoli, che grazie al suo carattere familiare continuerà a essere tramandata di generazione in generazione.
Rimani sempre aggiornato seguendoci su Telegram!