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Esattamente 80 anni fa, il 18 marzo del 1944, il Vesuvio eruttava sulla città partenopea per l’ultima volta prima di cadere in un sonno che si protrae fino a oggi.
L’evento eruttivo fu largamente documentato attraverso materiali audiovisivi, ma la testimonianza più preziosa si deve a Giuseppe Imbò, direttore dell’Osservatorio Vesuviano, il quale fornì una ricostruzione accurata delle quattro fasi dell’eruzione vulcanica allora in corso.
Mise a repentaglio la sua stessa vita per la scienza, scegliendo di rimanere nell’osservatorio anche durante le fasi più critiche dell’eruzione, ma è grazie alle sue ricerche che gli studi sul vulcano hanno compiuto passi da gigante. Quali furono, dunque, le 4 fasi da lui documentate? E, quali le conseguenze dell’ultima eruzione vesuviana sui centri abitati circostanti?
Un’eruzione in 4 fasi
L’attività del vulcano durò circa dieci giorni e fu complessivamente di moderata energia, in gergo tecnico: sub pliniana. A una prima fase eruttiva di tipo effusivo, con fuoriuscita di lave fluide, seguì un’altra di tipo esplosivo, caratterizzata dalla violenta espulsione di piroclasti e lapilli, fino alla formazione di un “tappo” che ostruisce il camino magmatico presente tutt’oggi. Le fasi individuate da Imbò furono le seguenti:
1) Fase effusiva
Il Vulcano si risvegliò con un’esplosione che distrusse in parte un piccolo cono di scorie intracraterico e con un’attività stromboliana caratterizzata da colate di lava rivolte soprattutto sul versante occidentale del Vesuvio. Queste raggiunsero la velocità di 50-300 m/h, facendo scattare l’allarme per l’evacuazione dei circa 7000 abitanti nei centri di Massa e San Sebastiano.
2) Fase delle fontane di lava
La seconda fase fu contraddistinta da 8 alte fontane laviche, durate diverse ore, con conseguente rilascio di grandi quantità di ceneri nell’atmosfera.
3) Fase delle eruzioni miste
L’attività vulcanica si trasformò da effusiva a esplosiva: le fontane di lava lasciarono il posto a esplosioni di discreta intensità e lanci di bombe vulcaniche.
4) Fase sismo esplosiva
Infine, la frequenza delle esplosioni diminuì fino ad arrestarsi, e si registrarono intense scosse sismiche. L’attività eruttiva del vulcano volse verso la fine con l’emissione di cenere chiara, che si depositò sulla sommità del condotto ormai completamente ostruito.
Conseguenze gravi, ma non troppo
L’eruzione del 1944 diede vita a uno spettacolo di moderata intensità, certamente non equiparabile al disastro del 79 d.C., data storica della distruzione di Pompei ed Ercolano. Tuttavia, anche questo evento vulcanico fece registrare delle vittime e tante altre (circa 10.000 persone) furono costrette all’evacuazione, senza dimenticare che anche alcuni centri abitati scomparvero sotto la lava.
San Sebastiano al Vesuvio e Massa di Somma furono completamente distrutti, insieme ad altri territori attorno al vulcano, tutti devastati. Le vittime, in totale, furono 21, numero che, considerata la pericolosità del vulcano, fu relativamente basso.
Oggi il livello di rischio è maggiore rispetto al passato, dato che la popolazione potenzialmente esposta a un futuro evento simile è raddoppiata rispetto a ottant’anni fa.
Passeggiata sul fiume di lava
In occasione degli 80 anni dall’ultima eruzione del vulcano vesuviano, il Dipartimento della Protzione Civile, l’INGV, l’Ente Parco Nazionale del Vesuvio, la Regione Campania e la Protezione Civile Campania, hanno organizzato un’iniziativa dal titolo: “Conoscere e vivere il Vesuvio, a 80 anni dall’ultima eruzione”.
Lo scopo è favorire la diffusione della conoscenza del vulcano, attraverso una visita presso la sede storica dell’Osservatorio Vesuviano, la proiezione di un filmato sull’eruzione del ’44 e una camminata guidata lungo il sentiero “fiume di lava” del Parco Nazionale del Vesuvio.
La partecipazione all’iniziativa che si svolgerà nelle giornate del 17, 18 e 19 marzo è aperta a tutti, previa prenotazione.
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