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Meta irrinunciabile per coloro i quali visitano la Sicilia, l’Etna è il “vulcano buono” simbolo dell’Isola, uno tra i più attivi d’Europa, che si erge per ben 3.357m sulla città di Catania, che nei secoli è caduta ed è rinata più volte alle sue pendici. Celebre per la sua attività intensa ma “lenta”, che dà il tempo, nei casi più disperati, di fuggire, il vulcano regala a coloro che lo visitano paesaggi diversificati, con climi diversi di stagione in stagione.
Il “Mongibello” è stato a lungo meta di viaggiatori e studiosi, curiosi di scoprirne i segreti. Basti pensare al celebre trattato De Aetna di Pietro Bembo, che nel XV secolo fu tra i primi a tentare di dare una spiegazione del funzionamento del vulcano a coloro i quali non potevano raggiungere la Sicilia, meta per l’epoca irraggiungibile.
Questa sensazione di grandezza e pericolosità che ha sempre contraddistinto l’Etna ha fatto sì che, negli anni, si venissero a creare delle leggende, talvolta riportate proprio da coloro i quali vennero in visita tra i paesi alle pendici del maestoso vulcano. Esse spaziano dalla mitologia greca, più culturalmente vicina alla Sicilia, fino a, incredibilmente, le leggende di cui sono protagonisti i regnanti della lontana Inghilterra.
Etna, prigione di giganti e fucina di un dio
Le prime leggende relative all’Etna provengono dalla mitologia greca: esse spiegherebbero il motivo delle violente eruzioni del vulcano. La prima e più celebre è legata alla figura di Efesto, fabbro degli dèi greci: la sua fucina, infatti, si troverebbe nelle profondità del vulcano. Anche i ciclopi dimorerebbero nel “Mongibello”: come Efesto, sarebbero impegnati nel loro lavoro di forgiatura di potenti armi come la saetta di Zeus, protagonista di epiche battaglie.
Ma, secondo altre leggende, l’Etna non sarebbe una fucina, ma una vera e propria prigione: secondo alcune fonti ospiterebbe Encelado, colossale mostro che partecipò all’epica battaglia tra dèi e giganti. Sconfitto da Atena, venne imprigionato sotto la Sicilia: le colate laviche sarebbero il suo respiro, i movimenti tettonici i suoi spasmi di rabbia e dolore.
Simili sono i racconti per un altro nemico degli dèi greci: Tifone, che secondo altre testimonianze giacerebbe sotto il vulcano, scatenandone le violente eruzioni. Empedocle, filosofo siceliota, avrebbe trovato la morte tuffandosi nelle “fauci” del vulcano, che avrebbe risputato le sue “pinne di bronzo” dando al mondo la prova della sua mortalità. Ultimo, ma non meno importante, è il Tartaro, il mondo dei morti secondo la mitologia greca: la leggenda vuole che questo mondo buio e senza uscita si trovi proprio al di sotto del vulcano.
Il luogo di riposo e dannazione dei regnanti inglesi
Anche l’Inghilterra sarebbe legata al vulcano siciliano: molti sarebbero i regnanti condannati a bruciare per sempre nelle fauci dell’Etna per cause religiose. Primi fra tutti, secondo le leggende raccontate ai viaggiatori che, nel XVIII secolo, passavano per Nicolosi, Enrico VIII: l’anima del re “eretico” che causò il grande scisma con la chiesa cattolica brucerebbe assieme a quella di Anna Bolena. Anche l’anima della loro unica figlia, Elisabetta I, risiederebbe all’interno del vulcano, a causa di un patto stretto col demonio, per salvare l’Inghilterra da un momento di crisi.
Ma non tutti i regnanti inglesi sarebbero “dannati”. Forse il più celebre fra tutti, Re Artù, avrebbe scelto il luogo dove trascorrere i suoi ultimi giorni proprio sull’Etna. Al celebre re, inoltre, sarebbe legata la leggenda del cavallo del Vescovo: un uomo crudele, affettuoso solo verso il proprio animale preferito, che un giorno affidò a uno scudiero e due palafrenieri. Il cavallo, tuttavia, imbizzarritosi, corse verso l’Etna: tale incidente fu pagato con la vita dai palafrenieri, ma non dallo scudiero, che gli corse dietro per vederlo gettarsi dentro al vulcano.
Disperato, lo scudiero temette per la propria vita: ecco allora che gli apparve Re Artù, che non solo lo condusse in un luogo quasi magico, annunciandogli che presto il crudele regno del Vescovo avrebbe avuto fine. Quest’ultimo avrebbe dovuto presentarsi al cospetto del mitico re e reclamare il proprio cavallo; altrimenti, entro due settimane, avrebbe perso la vita. Il crudele e altezzoso Vescovo, tuttavia, non si presentò: giunto alla fine del tempo predetto, ordinò la morte dello scudiero: tuttavia, appena dato l’ordine, morì sul colpo, e la profezia del re inglese si avverò.
Queste sono solamente alcune delle leggende sull’Etna, che in realtà sono innumerevoli. Protagonista dell’immaginario collettivo siciliano e non solo, il “vulcano buono” continua ancora oggi a sorprendere e far innamorare coloro che la visitano: un luogo portatore di quella magia che “condisce” tutte quelle celebri leggende che, ancor di più, rendono l’Etna amata e temuta, perennemente cangiante ma eterna.
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