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Da tempo immemore, la terra perduta di Atlantide è uno dei luoghi che più hanno alimentato la curiosità di letterati, esploratori e studiosi da ogni parte del mondo. Menzionata per la prima volta da Platone secoli prima della nascita di Cristo, è divenuta con gli anni leggenda, parte dell’immaginario collettivo che, ancora oggi, la rende protagonista attraverso nuovi mezzi: non più solo racconti, ma anche film, serie tv, videogiochi.
Tuttavia, Atlantide non è l’unica terra perduta ad essere nata dalle leggende greche: ve ne sono molte altre, meno note, dalle Isole Fortunate a Thule, quest’ultima non solo entrata a far parte dei cicli letterari di altre culture, ma il cui nome è diventato noto persino oltre il nostro pianeta, nella corsa all’esplorazione dello spazio oltre il nostro Sistema Solare.
Atlantide, da Platone ai giorni nostri
Era il 360 a.C. quando Platone, nel suo Timeo, parlò di un’isola “più grande della Libia e dell’Asia messe insieme”, situata nei pressi degli allora temuti confini conosciuti come “Colonne d’Ercole”. Tale isola, un vero e proprio continente, ospitava quella che veniva definita, a tutti gli effetti, una società perfetta, dove regnava l’armonia poiché abitata da uomini “superiori”, lontani dalla cupidigia umana.
Particolare era la struttura dell’isola, gestita secondo le leggende da Poseidone: era formata da tre cerchi di terra e tre d’acqua, che andavano stringendosi verso un rigoglioso centro. Dieci erano i re che, incaricati dal dio greco, si riunivano e prendevano decisioni sull’amministrazione di Atlantide, in armonia e giustizia.
Ma, secondo Platone, tale stato utopico non era destinato a durare: i sentimenti “umani” come la violenza e la brama di potere si impossessarono di quegli uomini “superiori”, che si fecero corrompere. Non più una società perfetta, Atlantide venne giudicata da Zeus in persona; racconta Platone, in Timeo, come in un giorno e in una notte si verificarono “terribili terremoti e diluvi […] e l’Isola di Atlantide, allo stesso modo sommersa dal mare, scomparve”.
La ricerca nei secoli
La leggendaria isola greca tornò in auge specialmente grazie nel periodo di massimo splendore dell’Umanesimo; la scoperta dell’America, un intero continente al di là di ogni aspettativa e immaginazione, fu vista come la riuscita di una spedizione alla ricerca dell’isola perduta. Tuttavia, ben presto si comprese come non potesse trattarsi di Atlantide: gli antichi greci, infatti, non avevano alcuna conoscenza dell’Oceano Atlantico, né di cosa vi fosse oltre.
La ricerca, dunque, continua ancora oggi: sono tanti i punti geografici dove gli studiosi, nei secoli, hanno situato l’isola perduta, molti dei quali nel bacino del Mediterraneo. Proprio in questa grande area, infatti, si sono verificati numerosi e catastrofici eventi, che combacerebbero con la distruzione narrata da Platone, che avrebbe distrutto Atlantide: basti pensare all’esplosione del vulcano di Thera, attuale Santorini, che sconquassò l’intera isola, determinandone, in parte, lo sprofondamento.
Le altre isole perdute
Raccontate da autori greci ed entrate nella leggenda vi sono altre terre, perdute e da tempo ricercate. Basti pensare alla paradisiaca Pancaia, forse identificata con quella che oggi è l’isola di Socotra, nell’Oceano Indiano. Ancora, nel medesimo oceano, si troverebbero Chryse e Argyre, isole il cui suolo secondo Plinio il Vecchio, sarebbe fatto d’oro e d’argento: tale teoria sarebbe stata supportata da tutti quei viaggiatori che si spostarono verso l’Oriente, il Cipangu, che Marco Polo descrisse come piena dei ricchi metalli, e che decadde dopo la scoperta dell’America, quando si partì alla ricerca della leggendaria El Dorado.
Dalla parte opposta, nell’Oceano Atlantico, secondo Plinio il Vecchio si troverebbero le Isole Fortunate: un meraviglioso arcipelago dove ogni cosa cresce così abbondantemente da permettere ai propri abitanti di vivere nell’assoluto relax, senza coltivare la terra. Identificate, talvolta, come il luogo di residenza degli eroi caduti, i Campi Elisi, le Isole Fortunate sono state spesso associate alle Isole Canarie, realmente esistenti e site nell’Atlantico.
Il mito dell’Ultima Thule
Cosa si trova alla fine del mondo che conosciamo? Pitea, navigatore greco vissuto nel IV secolo a.C. che fu tra i primi a esplorare l’Europa settentrionale, la Gran Bretagna, decise di spingersi oltre, verso l’estremo nord. Ciò gli permise di essere, di fatto, il primo a raccontare dei fenomeni che naturalmente avvengono nelle località estremamente settentrionali: le aurore, il mare ghiacciato (che chiamò “gelatinoso”, trattandosi di un fenomeno mai visto precedentemente), il sole di mezzanotte.
Ma sulla sua strada, a circa sei giorni di navigazione dall’isola britannica, Pitea si trovò davanti un’isola sconosciuta, che chiamò Thule: un luogo dove il sole non tramontava mai, dove si producevano miele, grano e latte, dei quali i suoi abitanti si cibavano. Tutt’attorno all’isola, secondo Pitea, il mare e il cielo si unificavano a perdita d’occhio, la terra smetteva di esistere; ecco perché, tale luogo venne successivamente chiamato “Ultima Thule”: un’isola oltre la quale il mondo conosciuto terminava, trasformandosi in una strana e sconosciuta nebbia.
Oggi, le indicazioni di Pitea, rimaneggiate successivamente da numerosi studiosi, fanno pensare certamente all’Islanda: una terra così a nord dove, effettivamente, esiste il fenomeno del sole di mezzanotte, caratterizzata per il resto dell’anno da giornate di luce particolarmente lunghe o, nei mesi invernali, da un buio prevalente. Altri luoghi ipotizzati potrebbero essere le isole a nord della Norvegia; altri studiosi ancora suppongono come Pitea sia riuscito ad arrivare fino alla Groenlandia.
Tuttavia, il mito quasi romantico della fine del mondo conosciuto ha oggi un nuovo significato: è per questo motivo che, quando si parla di “Ultima Thule” non si può che pensare all’oggetto più lontano dalla Terra ad essere stato esplorato fino a oggi, grazie alla missione New Horizons, l’asteroide Arrokoth.
Scelto provvisoriamente, il nome “Ultima Thule” evocava una giusta aria di mistero: situato oltre l’ultimo pianeta nano conosciuto, Plutone, evoca idealmente la fine del Sistema Solare. Il nuovo nome, invece, è un omaggio alla cultura Powhatan: tale oggetto viene e verrà esplorato nei prossimi anni dalla sonda New Horizons, che poi verrà lasciata libera nello spazio interstellare, divenendo tra gli artifici umani a dirigersi il più lontano possibile dalla Terra.
Dunque, miti e leggende o luoghi veramente esistenti? Dalla terra perduta di Atlantide, ancora presente nell’immaginario collettivo, alle isole presenti alla fine del mondo: gli antichi greci hanno lasciato al mondo moderno tanto su cui riflettere, fantasticare, esplorare, e chi sa se, da qualche parte, esse stiano aspettando solo di essere scoperte, rivelando i loro segreti.
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