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“[…] un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande”.
Attraverso la sua storia straordinaria, Adriano Olivetti, l’eclettico genio italiano del Novecento, ha dimostrato che un sogno può diventare realtà. Imprenditore visionario, originario di Ivrea, prese le redini della società di famiglia di macchine da scrivere e la trasformò in un colosso mondiale dell’informatica nell’arco di vent’anni.
Fece di Ivrea la prima Silicon Valley italiana, ma la sua azienda fu molto più di un mero centro produttivo: fu un laboratorio sociale e politico in cui proiettare i progetti di un ambizioso futuro. Non stupisce che dal 2018, la città industriale eporediese sia stata riconosciuta Patrimonio Mondiale dall’Unesco, come modello del perfetto “sposalizio” tra fabbrica e tessuto urbano nel ‘900; si trattava, infatti, di un complesso architettonico destinato alla produzione, ma anche a scopi residenziali e servizi sociali per i dipendenti dell’azienda.
Olivetti disegnò, pertanto, una fabbrica a misura d’uomo, un polo industriale perfettamente innestato e integrato nel tessuto urbano. A lui, inoltre, va il merito di essere riuscito a trasformare il marchio Olivetti in un orgoglio nazionale e del Made in Italy all’estero, grazie a prodotti tecnologici qualitativamente validi e dal design iconico.
L’ambizioso epoderiese fu un personaggio unico del panorama storico italiano del secolo scorso e il suo lascito oggi è immenso, non solo in ambito produttivo. Le sue numerose passioni, unite all’abilità di individuare e coltivare i talenti italiani, divenuti parte del suo mondo, lo rendono una figura estremamente interessante da studiare.
Adriano Olivetti chi?
Occorre fare chiarezza, innanzitutto, sull’identità di quest’uomo straordinario, prima di approfondirne l’operato nell’ambito della Olivetti S.p.A. e di esplorare alcuni dei suoi numerosissimi progetti.
Adriano Olivetti fu una figura poliedrica, inadeguatamente descrivibile con l’etichetta statica di ingegnere e imprenditore; accanto a ciò, infatti, fu anche un intellettuale, un politico, un editore, un innovatore sociale e un appassionato di urbanistica.
Nacque in un comune di Torino nel 1901, in una famiglia di industriali. Suo padre Camillo, col quale vi furono sempre attriti, nonostante i numerosi tratti caratteriali comuni, fu il fondatore della prima industria italiana di macchine da scrivere. Nel 1908 nacque, così, la Società Olivetti di cui, trent’anni dopo, Adriano sarebbe diventato il direttore, inaugurando una nuova stagione d’oro per l’azienda.
Dopo la laurea in ingegneria chimica presso il Politecnico di Torino, Adriano compì un importante viaggio di studio negli Stati Uniti, accompagnato dal direttore tecnico dell’azienda di famiglia, nonché il più stimato collaboratore di Camillo Olivetti, Domenico Burzio.
Scopo del soggiorno statunitense fu quello di visitare le principali fabbriche del Paese, per immagazzinarne i metodi di produzione e le pratiche di organizzazione aziendale. Fu grazie a quella esperienza, durata sei mesi, che il giovane Olivetti potè incamerare i principi del taylorismo e del fordismo e trasmetterli successivamente all’industria italiana.
Rientrato in Italia, cominciò il praticantato presso la società del padre, dove propose un vasto programma di interventi per modernizzare le attività: a cominciare da un’organizzazione decentrata, per seguire con una razionalizzazione dei metodi e dei tempi di montaggio, una direzione divisa per scomparti produttivi, e uno sviluppo delle reti commerciali nazionali ed extra-nazionali.
Adriano Olivetti fu una figura cruciale per le sorti della società di famiglia: divenne direttore generale nel 1932 e, infine, presidente nel 1938. Grazie a lui, ma anche a fattori esterni, quali il divieto di importare prodotti in Italia durante gli anni del fascismo, la produttività dell’azienda crebbe vertiginosamente. Fu sua la grande e geniale intuizione della MP1, la prima macchina da scrivere portatile di fattura italiana. I meriti di Adriano, però, trascendono quelli puramente produttivi, come accennato.
L’umanesimo industriale
Adriano Olivetti fu sempre molto attento alle esigenze dei suoi dipendenti e si adoperò concretamente per far sì che le loro condizioni lavorative migliorassero. Per modernizzare la fabbrica, egli abbracciò, dunque, i principi dell’umanesimo industriale, ponendo al centro i bisogni dei suoi colllaboratori e valorizzandone il potenziale. Creò le nuove basi per un contesto aziendale amichevole, formativo e stimolante.
Il suo interesse per il sociale si tradusse in azioni atte a migliorare, al contempo, la produttività e il benessere dei dipendenti. Ridusse l’orario lavorativo da 48 a 45 ore settimanali e promosse numerose iniziative di caratterre sociale, assistenziale, ricreativo e culturale. Tra queste, la costruzione di quartieri residenziali, biblioteche, mense e asili nido all’interno dell’azienda.
Interesse di Olivetti fu anche quello di avvicinare il mondo delle scienze tecnologiche a quello delle scienze umanistiche, sfruttando le potenzialità combinate di entrambi. Favorì, così, la formazione di un entourage di tecnici, ma anche di artisti, intellettuali, designer e architetti, plasmando la figura dell’intellettuale aziendale.
Non solo impresa
La sua visione sulla buona organizzazione della fabbrica ben presto sfociò in una più ampia riflessione che coinvolgeva la società tutta. Apice di ciò fu la sua pubblicazione: L’ordine politico delle comunità, del 1945, considerata la base teorica di un’idea di stato federalista, il cui fulcro era rappresentato dalla centralità della comunità.
Le idee espresse in questo libro costituirono poi la base del movimento politico e culturale Comunità, fondato da Adriano pochi anni dopo. Con lo stesso movimento, Olivetti riuscì a trionfare anche alle elezioni amministrative del 1956, diventando sindaco di Ivrea. Gli interessi di Olivetti lo avvicinarono, pertanto, anche al mondo della politica.
Adriano fu anche attratto dal campo editoriale. Egli sostenne e pubblicò diverse riviste, inaugurò il giornalismo di opinione italiano e avviò un programma editoriale multisettoriale: dalla sociologia all’economia, dalla tecnologia alla filosofia.
Oltre a essere editore e intellettuale, fu attento anche ai temi della sociologia e nella sua azienda nacquero i primi moderni studi italiani. Un’altra importante passione del genio italiano fu l’urbanistica e, per l’ennesima volta, Olivetti riuscì a trasformare quell’interesse in progetti e azioni concrete. Si impegnò, ad esempio, nella riqualificazione edilizia di diverse aree del Meridione italiano, come Matera, tra i più conosciuti.
Il made in Italy d’eccellenza
Si è già detto della MP1, prima “perla” dell’industria Olivetti, ma oltre a questa macchina da scrivere tanti altri furono i modelli di successo lanciati dalla Società. Basti pensare alla M40 del 1933, la prima macchina da scrivere personale, o alla Divisumma del 1947, macchina da calcolo in grado di compiere operazioni aritmetiche rapide e affidabili.
L’icona rappresentativa, nonché prodotto di maggior successo, dell’industria Olivetti rimane, tuttavia, la Lettera 22. Questa elegante macchina da scrivere portatile, disegnata da Marcello Nizzoli, ottenne il prestigioso premio “La Rinascente Compasso d’oro 1954” e divenne strumento di lavoro di grandi scrittori italiani. Venne esposta anche al MoMA di New York, il ché ne accrebbe visibilità e popolarità a livello internazionale.
Il prestigio della Olivetti S.p.A. è legato anche a un altro prodotto di punta: Elea 9003, il primo computer commerciale sviluppato in Italia. Occorre percorrere, però, un passo indietro. L’industria Olivetti era all’avanguardia nel settore della meccanica, ma non altrettanto in quello dell’elettronica. Per tale ragione, l’imprenditore di Ivrea investì sforzi e denaro affinché venissero aperti alcuni centri di ricerca: uno a New York e, successivamente, un altro a Pisa.
Fu proprio nella città toscana che venne concepita e sviluppata Elea 9003, sotto la guida dell’ingegnere italiano di origini cinesi Mario Tchou. Anche il primo elaboratore elettronico aritmetico fu premiato, come nel caso di Lettera 22, con il Compasso d’Oro per il design.
I progetti di Olivetti furono sempre innovativi, merito di una politica di impresa proiettata verso il futuro, l’eccellenza, e il connubio tra qualità funzionale e raffinatezza estetica. Il sogno industriale “olivettiano”, però, fu disgraziatamente interrotto dalla prematura morte di Adriano Olivetti nel 1960. Colto da un’improvvisa trombosi cerebrale durante un viaggio in treno da Milano a Losanna, egli lasciò un’azienda rivoluzionaria, che contava ormai circa 36.000 dipendenti.
Il ricordo di Olivetti rimane ancora molto vivido oggi, sia grazie all’impegno della Fondazione Adriano Olivetti, sorta due anni dopo la sua scomparsa, sia grazie agli stessi prodotti iconici dell’azienda, oggi esposti in alcuni tra i più bei show-room al mondo, come quello di Venezia.
Olivetti Store: il gioiello di Scarpa a Venezia
Per far conoscere i propri prodotti, Adriano Olivetti commissionò diversi negozi sia in Italia che all’estero. Questi show-room erano negozi-vetrine che, per volere dell’imprenditore eporediese, dovevano diventare veri e propri biglietti da visita dell’azienda. Scopo primario di questi spazi espositivi era, dunque, quello di presentare ed esaltare i valori di un’azienda sperimentale e innovativa.
Tra gli Olivetti Stores più rinomati, si ricordano quello sulla Fifth Avenue di New York, elogiato dalla stampa locale per la gestione dello spazio e la cura espositiva dei prodotti, e, in Italia, il fiore all’occhiello sito in piazza San Marco a Venezia.
Si tratta di un negozio estremamente interessante dal punto di vista architettonico, tanto da esser considerato un “emblema del saper costruire bene”, nonostante lo spazio ridotto, apparentemente penalizzante. Opera del grande architetto veneziano Carlo Scarpa, questo show-room è un gioiello incastonato nelle splendide Procuratie Vecchie.
Nonostante Scarpa non appartenesse alla cerchia di conoscenze di Adriano Olivetti, quest’ultimo, intuitone il talento, gli affidò l’incarico di progettare il negozio. Lo spazio di lavoro, buio e angusto, venne, così, completamente riorganizzato al fine di creare una vetrina che conciliasse al contempo modernità, riflesso dello spirito aziendale, e tradizione veneziana. Il risultato finale fu sorprendente, a riprova della bravura dell’architetto italiano.
In questo negozio nulla fu stato lasciato al caso: dalla scelta dei materiali all’organizzazione spaziale al piano terra e sui due ballatoi laterali, dalla gestione della luce all’uso dei colori. A questi accorgimenti si aggiungano, poi, elementi architettonici e scultorei unici, come la scala monumentale al centro del negozio, che sembra quasi sospesa nel vuoto, o la scultura Nudo al Sole di Alberto Viani elegantemente adagiata su uno specchio d’acqua nero.
In questo negozio-museo, le macchine da scrivere in vetrina e lungo i ballatoi balzano subito all’occhio degli osservatori perché appaiono come opere d’arte moderne, eleganti e funzionali.
Tornato al suo vecchio splendore dopo anni di abbandono, nel 2011 lo store è stato affidato al FAI (Fondo per l’Ambiente Italiano), che si occupa della sua attuale conservazione e valorizzazione.
Il lascito di Olivetti
Il lascito di Adriano Olivetti oggi è immenso. Come si è detto, questa personalità del Novecento ha introdotto un nuovo modo di pensare l’azienda, ampliandone le potenzialità produttive e arricchendone le prospettive artistiche e sociali.
Il ricordo di Olivetti è vivo anche grazie al lavoro della Fondazione Adriano Olivetti, che ha compiuto 60 anni nel 2022. Essa ha, infatti, assunto l’onore e l’onere di coordinare e proseguire le sue iniziative in campo sociale, politico e culturale.
Oggi il pluripremiato imprenditore eporediese è protagonista di numerose pubblicazioni, programmi di approfondimento e persino di una fiction Rai in due puntate con l’interpretazione di Luca Zingaretti. Associazione Archivio Storico Olivetti ha, inoltre, raccolto le testimonianze degli ex dipendenti dell’azienda Olivetti e le ha registrate in un podcast dal titolo La mia Olivetti.
Il fascino di Adriano Olivetti risiede forse nella sua attualità: è stato un personaggio estremamente moderno, un uomo con tantissimi progetti, tutti proiettati verso il futuro.
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