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Un fumetto diverso, dai disegni semplici, eppure tanto profondo e delicato nei temi che propone. Sotto il velo di Takoua Ben Mohamed è un prodotto artistico in grado di offrire importanti lezioni sul simbolo islamico più dibattuto di sempre: il velo; nello specifico, il hijab.
La graphic artist, una giovane musulmana velata, racconta con humour e autoironia la propria vita nella capitale italiana attraverso una formula narrativa episodica. Nel fumetto palesa il desiderio di normalizzare un indumento che per lei rappresenta la quotidianità e che, diversamente dalla percezione fuorviante di tanti italiani non musulmani, non complica o inibisce la vita di chi lo indossa.
Così, l’autrice sceglie di mostrare la sua personale prospettiva sul tema, offrendo la visione di chi “vive” in prima persona il velo, e demolendo stereotipi e pregiudizi sull’islam. Tra gli obiettivi delle sue vignette vi è quello di educare il pubblico, invitando i lettori a calarsi nei panni della protagonista e a sviluppare una maggiore empatia nei suoi confronti.
Takoua sfida e sdrammatizza le voci negative che gravano sul velo islamico, ma come ci riesce? Quali temi affronta? Prima di provare a rispondere, è doverosa una breve introduzione sul profilo della disegnatrice e sulle cause che l’hanno spinta a parlare con straordinaria spontaneità del suo hijab.
Una tunisina de’ Roma
Classe 1991, Takoua Ben Mohamed nasce a Duz, una città dell’entroterra tunisino, ma si trasferisce a Roma con la famiglia all’età di 8 anni. In lei convivono due anime: una tunisina, quella delle radici, e una italiana, o sarebbe più preciso dire romana, evidenziata dall’accento non dissimulato della giovane. Fiera di abbracciare una doppia patria, che considera una fonte di arricchimento culturale a livello personale, ama presentarsi al pubblico come: “tunisina de’ Roma”.
Si specializza in cinema di animazione e fa della sua vocazione, il graphic journalism, la propria professione. Collabora con diverse riviste e progetti artistici e viene invitata a numerosissime conferenze. Partecipa persino a quattro TEDx Talks: a Matera, Ferrara, Colle di Val d’Elsa e Verona. La sua carriera è costellata di riconoscimenti e premi, sia in Italia che all’estero.
Takoua, inoltre, non fa mistero della sua fede: è una musulmana e, in quanto tale, porta il hijab, simbolo che per lei non riflette solo una connotazione religiosa, ma anche identitaria. Nelle numerose interviste e conferenze alle quali ha partecipato, non ha mai nascosto di essere stata vittima di stereotipizzazioni, e persino di meccanismi di esclusione sociale, per il solo motivo di indossare il velo.
Probabilmente, è stata proprio l’esperienza personale il motore che l’ha spinta a maturare una spiccata sensibilità ai temi del razzismo, dei pregiudizi e del sessismo, resa evidente in tutti i suoi fumetti: da La rivoluzione dei gelsomini a Un’altra via per la Cambogia.
Il maggiore apporto in ambito artistico di Takoua Ben Mohamed, tuttavia, resta l’impegno nell’aver smontato i luoghi comuni sul velo, penetrati da diverso tempo nel nostro paese. Si fa riferimento alle false generalizzazioni secondo le quali la donna velata è sottomessa, abusata e, sulla scia delle inclinazioni islamofobiche degli ultimi decenni, anche potenzialmente pericolosa per l’Occidente.
“Sotto il velo” c’è una ragazza come le altre
Nel 2016 pubblica Sotto il velo, edito da BeccoGiallo. È un fumetto realistico che consta di un ricco ventaglio di episodi dal disegno pulito e dal tono satirico e umoristico, dove la protagonista altro non è che il “personaggino”, come lo chiama l’autrice, ovvero Takoua in persona.
Ogni narrazione è concisa e introduce frammenti, stralci campionari, della sua vita quotidiana: dai piccoli drammi giovanili, comuni a tutte le ragazze (come la sporadica comparsa di brufoli o lo stress degli esami), alle situazioni bizzarre e sgradevoli cui va incontro per il solo fatto di portare il velo.
Nelle sue vignette, Takoua non abbandona mai il hijab, che resta costante centro dell’attenzione in quasi tutte le illustrazioni. Con l’intento di normalizzare il proprio simbolo islamico, la vignettista mostra, infatti, che “sotto il velo” c’è una ragazza con una vita ordinaria e che prova sentimenti comuni, concreti, condivisibili. Insegna che il hijab non pone limiti alla sua persona, piuttosto la completa e le dà un valore aggiunto.
Se una ragazza che non indossa il velo “litiga” con la propria acconciatura e con i capelli fuori posto, lo stesso accade a Takoua, che, però, deve fare i conti con le ciocche di capelli che fuoriescono dal suo hijab o con gli spillini che servono a fissarlo al capo; se compare un brufolo indesiderato sul suo volto, lei può nasconderlo tirando un lembo del suo velo; se si va a fare shopping, non può mancare l’acquisto del hijab più alla moda del momento.
In breve, l’autrice cerca di ridimensionare l’elemento di straordinarietà che caratterizza il velo all’interno della società italiana, per traslarlo sul piano dell’ordinarietà delle donne musulmane che lo “vivono” quotidianamente. Il lettore, così, viene invitato a conoscere meglio il capo islamico e a correggere le percezioni fuorvianti su di esso.
Lo spirito didattico del fumetto di Takoua
Uno dei tanti focus di “Sotto il velo” è quello di dare corrette e autentiche informazioni sul hijab, inteso come oggetto dall’indubbia importanza religiosa, ma trattato dall’autrice sotto il profilo della sua tangibilità. Ne consegue una parziale sdrammatizzazione della questione sul velo, che viene affrontata spesso con toni più leggeri e comprensibili.
Attraverso semplici battute, ad esempio, l’autrice riesce a strappare una risata al lettore e a fornirgli, al contempo, delle importanti lezioni. Alcune di esse concernono le differenze dell’uso del velo in ambito pubblico e privato, o la completa autonomia delle donne di indossarlo, senza presunte imposizioni maschili.
La protagonista del fumetto viene, infatti, sottoposta a domande indiscrete e commenti che le risultano assurdi e paradossali, e che, al contempo, rivelano profonda disinformazione e bias culturali attorno al velo islamico.
Il tema dell’alterità: “vieni dalla Mussulmania?”
Un altro tema che emerge dal libro grafico di Takoua Ben Mohamed riguarda l’alterità. Emblematica, a tal riguardo, è la vignetta “Mussulmania (il paese delle meraviglie)”, dove alla domanda “vieni dalla Mussulmania?”, la protagonista reagisce con perplessità e sarcasmo. Se si riflette bene, è come presumere che essere musulmana comporti un’esclusione dalla “italianità” e, di conseguenza, l’appartenenza a un’altra, fantasiosa, terra chiamata “Mussulmania”.
L’intento di Takoua si muove nella direzione opposta. Indossare il velo apporta dei cambiamenti non così radicali nella sua vita. Per molti aspetti, la sua quotidianità non differisce da quella delle altre coetanee, incluso, purtroppo, le disparità di genere in ambito lavorativo. Oltre a queste, tuttavia, nel suo caso si aggiungono anche le discriminazioni religiose.
In generale, sembra che un obiettivo dell’autrice sia stato quello di ridimensionare l’elemento di straordinarietà che caratterizza il velo all’interno della società italiana, per renderlo, invece, ordinario come per le persone che lo indossano quotidianamente.
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