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BluEat: la startup di 5 donne che punta sul granchio blu

Un progetto sostenibile che trasforma il granchio blu da problema a risorsa. Il suo nome è BluEat e nasce grazie a cinque giovani riminesi.

Simona Rubino by Simona Rubino
23 Aprile 2024
in Green
Reading Time: 3 mins read
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BluEat Mariscadoras

Fonte: www.blueat.eu

Contenuti

  • Mariscadoras, la geniale startup tutta al femminile
  • Progetto BluEat: “alieni” in tavola

Si fanno chiamare Mariscadoras: sono cinque giovani e intraprendenti donne romagnole che dal 2021 portano avanti un progetto la cui parola d’ordine è “ecosostenibilità”. La loro missione prende il nome di BluEat e mira alla gestione e al commercio di specie aliene che invadono i nostri mari.

Il protagonista della startup femminile, al momento, è il granchio blu. L’ormai nota specie alloctona è, infatti, responsabile di innumerevoli danni alla pesca e all’ecosistema marino nel Mediterraneo, habitat in cui il crostaceo, di provenienza atlantica, si è diffuso a macchia d’olio per l’assenza di predatori naturali.

Lo scopo della propositiva startup è quello di convertire questa e altre specie aliene da fonti problematiche per la pesca locale e l’ecosistema marino a risorse economiche e gastronomiche.

Come si delinea, dunque, il progetto BluEat? E chi sono le cinque Mariscadoras italiane?

granchio blu
Fonte: The Children’s Museum of Indianapolis, Wendy Kaveney (Wikimedia Commons); licenza: Creative Commons Attribuzione-Condividi allo stesso modo 3.0 Unported.

Mariscadoras, la geniale startup tutta al femminile

Partiamo dall’ultimo quesito: chi sono le ideatrici e fondatrici del progetto BluEat? Si tratta di una squadra al femminile, composta da cinque giovani donne riminesi di età compresa tra i 25 e i 39 anni, che nel vicino 2021 ha deciso di fondare la startup Mariscadoras, una società benefit attenta ai temi dell’ecosostenibilità e dell’empowerment femminile nel settore della pesca e dell’imprenditorialità.

La scelta del termine “mariscadoras” non è casuale, e ha un duplice rimando. Il primo si intreccia alle mariscadoras galiziane, donne dedite alla raccolta di vongole e altri molluschi (in spagnolo, “mariscos” si traduce in “frutti di mare”) che hanno rivendicato una parità di genere nel loro settore. Queste lavoratrici spagnole rappresentano un modello da perseguire, un esempio di lotta per il conseguimento degli stessi diritti legali, sociali ed economici degli uomini che lavorano nel loro ambito.

“Mariscadoras”, però, ha un corrispettivo anche nel dialetto romagnolo. Indica le “poveracciaie”, termine dispregiativo col quale si indicavano le donne che, come le colleghe galiziane, raccoglievano le vongole in riva al mare. Si credeva che queste donne portassero sfortuna e, per questo motivo, erano precluse da alcune attività di pesca.

Appare evidente che il nome dato alla startup riminese sia stata una scelta volta a trasmettere un forte messaggio sull’empowerment femminile e sulla parità di genere. Accanto all’impegno sociale, tuttavia, non si deve dimenticare l’altra “anima” di Mariscadoras. La startup delle giovani riminesi, in effetti, ha una forte inclinazione ambientale e si prefigge l’obiettivo di sensibilizzare il pubblico sul tema delle specie aliene marine, in particolar modo del granchio blu, e su come reagire concretamente alla loro proliferazione incontrollata nel Mar Mediterraneo.

Progetto BluEat: “alieni” in tavola

È nato così il progetto BluEat, il cui motto Alien is good. Alien is food la dice lunga sulla filosofia della società, che insiste sulla corretta gestione e promozione commerciale del granchio blu.

La diffusione di una specie aliena così dannosa per i mari e l’economia italiana può essere contenuta in modo semplicissimo: attraverso il consumo in tavola. Infatti, se non esistono predatori naturali in grado di ridurre il numero dei crostacei blu invasivi, noi possiamo farne le veci, e, per fortuna, la polpa di questo granchio è una vera delizia.

prodotto BluEat
Prodotto BluEat. Fonte: www.blueat.eu.

Le Mariscadoras, grazie a una partnership con l’azienda Tagliapietra e figli S.r.l., che si occupa della lavorazione della materia prima, offre una linea di prodotti con, e a base di, granchio blu: dai crostacei interi, cotti o crudi, alle polpe pronte per l’uso, ai sughi già pronti, i preparati e, persino, una maionese di granchio. Tutte le offerte sono consultabili nel catalogo del sito BluEat.

La micro-filiera delle Mariscadoras adotta un approccio sostenibile, sia per le tecnologie impiegate, sia per la pesca selettiva delle specie aliene. La sfida che deve affrontare la startup è convincere il pubblico che, sebbene il granchio blu sia una specie dannosa per la salute del Mediterraneo, altrettanto non può dirsi per la salute umana. Il crostaceo alieno ha, infatti, un eccellente profilo nutrizionale: è una ricca fonte di proteine, acidi grassi omega-3, vitamine e minerali. È un vero e proprio toccasana per l’uomo.

I prodotti BluEat sono già disponibili in alcuni supermercati grazie a degli accordi siglati con Italmark, Conad e Coop. Il granchio blu della micro-filiera riminese viene, inoltre, esportato in alcune città degli Usa, dove la richiesta è abbondante e il mercato accoglie le importazioni della startup italiana per via dei vincoli locali sulla pesca di questo crostaceo. Si ricordi, infatti, che nell’Atlantico questa è una specie indigena.

Le Mariscadoras, insignite di riconoscimenti e premi per la loro startup, sono pertanto impegnate in un progetto che ribalta la prospettiva sul granchio blu, e dimostrano egregiamente come trarre vantaggio da uno svantaggio.

 

 

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