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Harissa: la piccante salsa tunisina famosa nel mondo

L’harissa, in Tunisia, è un simbolo di convivialità e tradizione, la cui preparazione e consumazione è un rito della vita quotidiana. 

Giulia Di Bartolo by Giulia Di Bartolo
9 Aprile 2025
in Africa, Cucina
Reading Time: 3 mins read
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Salsa tunisina Harissa. Crediti: Adobe Stock.

Salsa tunisina Harissa. Crediti: Adobe Stock.

Contenuti

  • Come si prepara l’harissa
  • Le Origini dell’harissa
  • La Coltivazione del Peperoncino
  • Riconoscimento UNESCO

L’harissa, la celebre salsa piccante tunisina, è un simbolo di convivialità e tradizione, la cui preparazione e consumazione è un rito profondamente integrato nella vita quotidiana.

Come si prepara l’harissa

In Tunisia, l’harissa è molto più di una salsa: è un condimento dalla forte identità nazionale. Cardine della tradizione culinaria tunisina, viene mangiata quasi ogni giorno ed in ogni tipo di piatto, dal cous cous alla carne, dalle verdure ai formaggi e persino al pesce. Si tratta di una pasta versatile, preparata a partire da peperoncini essiccati al sole, lavati, privati di semi e piccioli, e successivamente pestati insieme a sale, aglio, coriandolo e cumino. Il risultato è una miscela dal colore intenso, simile al concentrato di pomodoro. È arricchita con olio d’oliva e, a seconda delle tradizioni locali, aromi affumicati o profumi particolari come timo o arancia amara.

Salsa tunisina Harissa. Crediti: Adobe Stock.
Salsa tunisina Harissa.

La preparazione dell’harissa è un rituale che, in molte comunità tunisine, si svolge in un contesto familiare o di vicinato, in un’atmosfera festosa e collaborativa. Questo compito è spesso affidato alle donne, custodi di un sapere antico che si tramanda di generazione in generazione. Ogni famiglia segue la propria ricetta, rendendo ogni harissa una pietanza unica. Non esiste una casa in cui venga preparata esattamente allo stesso modo: il grado di piccantezza varia a seconda dei peperoncini scelti, mentre le spezie, dosate con cura e secondo il proprio gusto, danno vita ad aromi irripetibili.

Le Origini dell’harissa

Il nome harissa (in arabo هريسة‎) deriva dall’arabo harasa, che significa “pestare” o “fare a pezzi”, e la sua invenzione è attribuita proprio alla Tunisia. Sebbene oggi sia diffusa in tutto il Maghreb, il legame con il territorio tunisino è profondo e ineguagliabile. La sua introduzione, secondo alcune fonti storiche, risale all’arrivo dei Moriscos, i musulmani espulsi dall’Andalusia tra il Cinquecento e il Seicento. Arrivati sulle coste africane, portarono con sé non solo tecniche e sapori nuovi, ma anche i peperoncini. Introdotti in Andalusia dopo la scoperta delle Americhe, si diffusero successivamente nel Nord Africa, trovando in Tunisia un terreno ideale per la coltivazione, in particolare nelle fertili regioni del Capo Bon. Il peperoncino di Bekalta, noto anche come baklouti, divenne così un ingrediente simbolo della cucina tunisina e l’elemento chiave per la preparazione della celebre harissa.

Una romantica tradizione tunisina vuole che la piccantezza dell’harissa sia una misura simbolica dell’amore di una moglie per il marito: più è piccante la salsa, più profondo sarebbe il sentimento nei suoi confronti.

La Coltivazione del Peperoncino

La produzione dell’harissa parte già dalla coltivazione del peperoncino, che segue un calendario agrario preciso: i peperoncini vengono raccolti tra maggio e ottobre, evitando i periodi considerati “sfortunati”. Questi periodi, detti ayyam mash’ooma (giorni sfortunati), sono generalmente associati a fasi lunari specifiche o a periodi ritenuti infausti secondo il calendario agrario tradizionale. I peperoncini tunisini utilizzati per l’harissa si distinguono per la loro intensità sulla scala Scoville, con un livello di piccantezza che oscilla tra i 20mila e i 40mila Shu, superando spesso i più noti peperoncini calabresi.

Peperoncini per preparazione harissa.
Peperoncini per preparazione harissa.

Ogni regione della Tunisia ha la propria variante di harissa: nella zona di Gabès, ad esempio, si prepara l’harissa amardoukh, mescolando la salsa con cipolle marinate nel sale. A Tataouine, invece, l’harissa lousa aggiunge anche i pomodori secchi. L’innovazione, però, non manca: oggi sono molto diffuse rivisitazioni aromatizzate con timo, rosmarino o persino profumate alla rosa, come proposto dallo chef anglo-israeliano Yotam Ottolenghi.

Riconoscimento UNESCO

Nel 2022, l’harissa tunisina è stata inserita nella lista del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dell’UNESCO. Questo riconoscimento vuole celebrare non solo un condimento, ma l’intero processo culturale e sociale che lo circonda. Sebbene l’uso e il consumo dell’harissa siano diffusi anche in altri paesi del Maghreb, come Libia, Marocco e Algeria, è la variante tunisina nello specifico ad essere tutelata. Le competenze necessarie per coltivare i peperoncini e creare l’harissa vengono tramandate di generazione in generazione, sia all’interno delle famiglie che attraverso le scuole di agronomia.

Pur essendo radicata nella cultura tunisina, l’harissa è oggi apprezzata in tutto il mondo. Ogni cucchiaino di harissa racchiude un’esplosione di sapore, accompagnata da una storia di passione, competenza e identità.

 

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