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Bona Sforza d’Aragona portò grandi ricchezze, innovazioni e intrighi di corte nelle terre polacco-lituane di inizio ‘500. Il suo carattere deciso e scaltro sorprese molto i nobili della sua corte. Ella fu sempre ben determinata nell’affermare le prerogative sue e del suo amato figlio Sigismondo Augusto. Molto legata agli usi e i costumi della Penisola, all’epoca fulcro della cultura europea, l’azione della regina ebbe conseguenze a lungo termine per l’area centro-orientale d’Europa.
La gioventù e il matrimonio
Bona Sforza nacque a Vigevano, cittadina del pavese, il 2 febbraio 1494 dal legittimo erede al trono del ducato di Milano Gian Galeazzo Sforza e da Isabella d’Aragona. La futura regina nacque in un anno cruciale per i destini della Penisola. Infatti, il re francese Carlo VIII, con la sua repentina discesa in Italia, avviò quel sanguinoso e turbolento periodo conosciuto come “Guerre d’Italia” che spazzò via gli assetti politici del Bel Paese stabiliti nella pace di Lodi del 1454.
La sua giovinezza fu icastica della sua epoca. Allontanatasi dalla corte milanese nel 1500 per volontà della madre Isabella in virtù dell’usurpazione del titolo ducato da parte del cinico Ludovico il Moro, fu cresciuta tra Napoli e Bari. Questa fuga verso sud fu resa necessaria dalla morte (probabilmente per avvelenamento) del padre di Bona, il già menzionato Gian Galeazzo Sforza. La madre Isabella scelse di dirigersi proprio a Napoli poiché ella era figlia del re aragonese-napoletano Alfonso II. Qui Bona Sforza ricevette un’educazione raffinata grazie alla fiorente vita culturale del regno meridionale.
Tale commistione di instabilità politica e fermento culturale erano caratteristiche tipiche dell’Italia rinascimentale di inizio ‘500. Grandi condottieri militari e sagaci pensatori delineavano l’orizzonte sociale italiano cinquecentesco. La madre Isabella riuscì a costruire nei seguenti anni le premesse per un matrimonio prestigioso. Bona fu, quindi, data in sposa al re di Polonia Sigismondo I detto il Vecchio, vedovo della sua prima moglie. La giovane Sforza aveva 24 anni al momento del matrimonio, mentre Sigismondo ben 51.
Il re necessitava urgentemente di generare un erede maschio, così da assicurare la successione dinastica. La nobile ascendenza di lei e il prestigioso titolo di lui portarono in porto l’unione, che ebbe luogo nel 1518 presso il Castello Capuano di Napoli. Arrivata in città diciotto anni prima come esule, lasciava adesso la capitale meridionale come regina alla volta di Cracovia.
Una regina di ferro
Non appena arrivata nella capitale polacca, Bona Sforza diede subito sfoggio della sua italianità. Mantenne uno stile d’abbigliamento tipicamente rinascimentale che risultava essere elegante e, agli occhi di alcuni boiardi polacchi, anche stravagante. La sua presenza ravvivò nuovamente l’interesse in Polonia per l’Italia, la cui cultura era già stata inizialmente diffusa grazie all’umanista Filippo Buonaccorsi nella seconda metà del Quattrocento.
Non solo stile, ma anche tradizioni culinarie: la regina Bona non volle separarsi da diversi cibi tipici dell’alimentazione italiana. Ciò permise il diffondersi in Polonia di verdura e frutta tipicamente italiane come carciofi, arance, limoni, lattuga, melograni, olive, cavolo. Anche altre specialità del Bel Paese come il parmigiano e il vino non mancavano mai nelle dispense del castello di Wavel. Molti nobili locali trovavano insolitamente magri i pasti della regina alla luce della cucina polacca ricca di carne, birra e idromele.
Tuttavia, tali leggere abitudini alimentari non rispecchiavano il carattere deciso e assertivo di Bona nelle faccende politiche. A differenza della prima moglie di Sigismondo I, l’ungherese Barbara Zápolya, la Sforza era sempre energicamente in prima linea nell’affermare la sua posizione negli affari di Stato. Infatti, Bona arrivò a Cracovia con grandi sostanze alle quali si aggiunsero anche generose concessioni fondiarie donatele da suo marito. Questo fece sì che la nobiltà polacca, in particolar modo quella più prominente, la ebbe sempre in antipatia.
Oltretutto, ella si mosse quasi da corpo estraneo all’interno dell’organismo governativo. Infatti, la legge considerava i suoi possedimenti come proprietà regie esentasse, ma a differenza di Sigismondo, la regina non partecipava in alcun modo alle spese statali. Procedette anche ad utilizzare i suoi proventi per costruire una propria fazione politica, talvolta addirittura in contrasto con le linee guida dettate dal re. L’agenda di Bona, in ogni caso, combaciava molto spesso con quella di Sigismondo, permettendo al monarca polacco di poter raddoppiare il proprio peso politico in virtù del forte spazio di manovra garantito alla regina.
Infatti, già nel Cinquecento il Regno di Polonia si era strutturato attorno ad una larga e potente nobiltà (szlachta) che aveva man mano ottenuto ampi privilegi da parte dei monarchi precedenti. Era presente un parlamento (Sejm) ed un senato. Il re, ad esempio, era chiamato personalmente a pagare per le spese militari nel caso in cui l’esercito avesse dovuto lasciare i confini ed era impossibilitato nell’istituire nuove tasse senza il consenso della comunità nobiliare. La regina non era strettamente vincolata ai privilegi nobiliari e ciò poté essere un grande punto di forza per gli obiettivi di Sigismondo.
Bona si alleò con il nobiluomo e primate di Polonia Jan Łaski, supportando l’uso di corti in stile polacco sul territorio lituano. Si impegnò quindi nel ridurre l’enorme influenza delle famiglie Goštautas e Radziwiłł in Lituania. Partendo dal possesso delle municipalità di Kaunas, Brest e di terreni in Mazovia, negli ’30 e ’40 del ‘500 acquistò con le proprie finanze nuove proprietà. Sigismondo stesso le garantì libertà di manovra nell’acquisto delle terre granducali lituani. Arrivò a detenere territori lungo un arco di 240kms, da Palanga (sul mar Baltico) fino a Kaunas.
La regina si occupò alacremente dei suoi possedimenti, facendo sì che gli ispettori rendessero tali terre profittevoli e ben organizzate. Bona standardizzò anche obbligazioni ed affitti, rendendo il pagamento in contanti o in manodopera la norma. Si prodigò anche nella difesa della nobiltà minore contro i soprusi delle già citate famiglie dei Goštautas e Radziwiłł. Ordinò la restituzione di beni a famiglie nobiliari minori qualora gli aristocratici più prominenti non potessero dimostrare legalmente che tali proprietà appartenessero a loro.
Ciò le causò grande ostilità presso la nobiltà alta, ma guadagnò la stima di gran parte della szlachta media e bassa. Come se non bastasse, razionalizzò i terreni coltivabili a partire dal 1533 uniformandoli in lotti da 21,3 ettari ciascuno. Ogni lotto venne diviso in tre campi: grano, frumento invernale e maggese. Questo consentì di aumentare di molto la fertilità e la resa dei campi. Infatti, la riforma di Bona portò chiaramente i suoi frutti: alla fine del secolo, i proventi dei terreni lituani erano quadruplicati.
La regina deteneva ormai possedimenti sconfinati ed in ogni angolo della Confederazione. Nella sola Małopolska, aveva 15 cittadine reali e 191 villaggi. Nel voivodato di Mazovia, ella poteva vantare addirittura la città di Varsavia, oltre a centinaia di altre proprietà. Questo grande sforzo di accentramento di potere fu principalmente mirato a formare un solido futuro per l’unico figlio maschio destinato a vivere a lungo.
Il figlio Sigismondo II Augusto e gli ultimi anni
Nel 1520, la Sforza diede alla luce il tanto atteso erede maschio della famiglia degli Jagelloni di Polonia: Sigismondo II Augusto. Il padre Sigismondo I il Vecchio aveva ben 53 anni al momento della sua nascita quando le speranze di generare un maschio erano ormai quasi del tutto svanite. Questo avvenimento fu, infatti, totalmente inaspettato anche a causa del responso degli astrologi di corte che avevano affermato che nessun erede maschio avrebbe visto la luce. Bona si prodigò immediatamente nel preparare il terreno all’ascesa del figlio, incentrando particolarmente la sua azione in Lituania.
Lo stesso secondo nome “Augusto” fu fortemente voluto dalla madre, con l’auspicio che il futuro re sarebbe stato all’altezza degli imperatori romani. La regina si occupò personalmente dell’istruzione del figlio con grande dedizione ed attenzione. Nonostante ciò, Bona nutrì a lungo dei dubbi circa le reali capacità di governo del giovane Sigismondo. In ogni caso, si mosse rapidamente affinché la futura ascesa al potere del figlio fosse garantita, facendolo pre-eleggere come futuro re di Polonia già all’età di nove anni nel 1529.
Tale colpo di mano non fu assolutamente accettato tacitamente dall’esigente nobiltà polacca che mosse enormi proteste a causa di un’azione che infrangeva l’essenza stessa della monarchia elettiva in vigore. Il fatto era ormai compiuto, ma Sigismondo il Vecchio fu costretto a promettere solennemente alla szlachta che le elezioni dei re successivi a suo figlio sarebbero state unicamente appannaggio del Sejm. Tale intesa fu ampiamente criticata da Bona, la quale aveva da sempre come obiettivo quello di trasformare la Polonia in una monarchia di stampo più assolutista, sulla falsariga del modello francese.
Queste sue velleità non poterono però mai scalfire la rodata monarchia elettiva polacca, di cui la nobiltà era da secoli il cuore pulsante. A questo proposito, ella non riuscì nemmeno a impedire le prime nozze del figlio con Elisabetta d’Asburgo, favorita da gran parte della nobiltà. Sigismondo Augusto non fu comunque mai attratto dalla sua prima moglie, trascurandola e visitandola di rado. L’austriaca non ebbe comunque vita lunga.
La sua prematura morte non coincise tuttavia con una rinnovata forza politica di Bona. Infatti, il figlio sposò in segreto nel 1547 il suo vero amore Barbara Radziwiłł nuovamente contro la volontà materna. Tale relazione suscitò scandalo a corte, ma alla fine la nobiltà concesse l’incoronazione di Barbara come regina di Polonia nel 1551. Bona, ormai anziana e vedova dal 1548, prese la decisione di abbandonare definitivamente Cracovia nel 1556. La sua influenza era ormai sempre più limitata e gran parte della nobiltà non nutriva grande stima nei suoi confronti.
Trascorse gli ultimi mesi della sua vita a Bari, passando a miglior vita nel 1557. Lasciò in eredità al figlio Sigismondo Augusto le proprietà all’interno dei confini polacco-lituani, ma sul letto di morte decise di donare i suoi ricchi possedimenti dell’Italia meridionale al re spagnolo Filippo II. Vani furono i tentativi dei diplomatici polacchi di reclamare il possesso del patrimonio napoletano dell’ex regina, tanto che tale disputa tra la Polonia-Lituania e la Spagna perdurò fino alla spartizione finale della Confederazione nel 1795.
I figli Sigismondo e Anna si prodigarono nondimeno nel tributarle un riposo degno di una regina. Commissionarono un mausoleo all’interno della Basilica San Nicola di Bari, tutt’ora uno delle principali attrazioni all’interno della basilica dedicata al santo patrono della Russia. La presenza della tomba di una regina italiana di Polonia testimonia ancora di più il ruolo di Bari di “porta orientale d’Italia”.
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