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Nonostante il caotico turbinio della nostra esistenza nel mondo moderno, l’immobile ma sempre ispiratrice storia continua a suscitare interesse e fascino in molti. L’appena pubblicato romanzo storico “L’ultimo Costantino”, edito da Rossini, testimonia nuovamente la sempreverde curiosità dell’uomo di ricordare e imparare dai grandi avvenimenti del passato.
Centro della narrazione è la strenua difesa della Seconda Roma, Costantinopoli, da parte delle forze greche e latine in quei drammatici cinquantadue giorni del 1453. Il Basileus era Costantino XI Paleologo, discendente di quell’Impero Romano le cui vaste province si erano ridotte a metà del XV secolo ad un lembo di terra della Tracia e alle assolate aree della Morea.
Ai microfoni de Il Nuovo Mediterraneo è intervenuto l’autore di questo avvincente romanzo: Luigi Oriani. Economista di formazione, la sua viva passione per la storia lo ha portato a redigere la sua prima fatica letteraria. Ecco la sua intervista.
Buongiorno, Luigi. Come appena ricordato, tu sei economista di formazione. Da dove è scaturita questa tua passione per la storia?
Buongiorno e grazie per essere qui. La mia passione per la storia è sempre stata radicata nella mia anima sin dalla tenera età. Essa è stata una compagna di vita che non è stata mai messa in discussione. Non ho mai abbandonato la lettura e lo studio di tematiche storiche anche durante il mio percorso universitario nella facoltà d’economia presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.
Oltre alla saggistica più propriamente detta, ho avuto una costante predilezione per i romanzi storici. Ne ho letti a centinaia ed ho infine deciso di cimentarmi nella scrittura del mio romanzo che spero sarò apprezzato dai lettori. Non sono, comunque, totalmente avulso alla scrittura: ho redatto diversi brevi racconti per disparati blog.
Il titolo “L’ultimo Costantino” porta subito a pensare alla fine dell’Impero Romano d’Oriente. Potresti riassumerci rapidamente la trama del romanzo?
Certo. Il libro parla degli ultimi mesi di vita dell’Impero Bizantino. I protagonisti della vicenda sono quattro: Elena, un’erborista greca alla corte imperiale; Tebaldo, un giovane marinaio genovese coraggioso e impulsivo, nonché vice del comandante Giovanni Giustiniani Longo; Marta, moglie del podestà della colonia genovese di Pera; Ismail, l’integerrimo giannizzero che sogna ardentemente di conquistare la città nel nome dell’Islam.
Questi personaggi, verosimili ma non realmente esistiti, si muovono all’interno della cornice storica da voi già menzionata. La narrazione è duplice: vicende personali e alta politica si intrecciano fittamente. Sono presenti nel libro anche moltissime personalità realmente esistite come l’imperatore Costantino XI, il sultano Mehmet II, il megadux Luca Notaras, il poeta turco Tursun Beg e tanti altri.
La storia è ricolma di epici eventi su cui viene naturale scrivere un romanzo. Qual è stato il motivo ispiratore che ti ha spinto a scegliere proprio la caduta di Costantinopoli?
Innanzitutto, credo fermamente che questo evento sia ingiustamente liquidato in poche righe nei libri di storia occidentale. Basti pensare che diversi storici asseriscono che la data più giusta per decretare la fine del Medioevo non sia la scoperta dell’America da parte di Cristoforo Colombo nel 1492, bensì il definitivo tramonto di ciò che rimaneva dell’Impero Romano in quel 29 maggio 1453.
Inoltre, questo avvenimento presenta molti tratti tipici dell’epica su cui si fonda la nostra civiltà. Il topos letterario dei tantissimi contro i pochissimi che per un soffio non riescono nell’impresa contro ogni pronostico è un sempreverde per la narrativa. Mi piacerebbe anche citare il mio per metà conterraneo Cesare Catà. Egli afferma che l’epica è il DNA dei popoli. Credo che la difesa di Costantinopoli sia un importante capitolo dell’epica occidentale.
Greci, genovesi, veneziani e chiunque lì presente era consapevole che la vittoria fosse oltremodo insperata. Combatterono per il solo dovere e onore di difendere la Polis per eccellenza. Il titolo dell’opera è ispirato dall’eroismo innegabile dell’imperatore Costantino XI Paleologo, che decise di combattere personalmente in prima linea e morire per la difesa dell’idea, dell’impero e del popolo che rappresentava.
Come è vivere la sfida di scrivere il primo libro?
È sicuramente un qualcosa di cui vado fiero ed è stato alquanto impegnativo. La parola d’ordine è costanza: ho dedicato un’ora della mia giornata ogni giorno per circa sei mesi. Iniziavo a scrivere alle 6:00 di mattina fino alle 7:00 per poi dirigermi sul luogo di lavoro. Il primo confinamento a causa del Covid ha avuto da questo punto di vista un effetto positivo, poiché ho avuto intere settimane da dedicare unicamente alla scrittura.
Qualsiasi scrittore sa che il maggiore ostacolo è la prima versione dello scritto, che equivale alla bozza di un disegno: devi modellarla affinché raggiunga la sua forma finale. L’intero processo produttivo è stato di circa tre anni per un romanzo di oltre 500 pagine. Ho tratto ispirazione, per quanto in mio potere, da Ken Follett. Amo il suo stile, è uno dei miei modelli per il taglio della narrazione e lo sviluppo della trama dal punto di vista di ciascun personaggio.
Come già menzionato, i protagonisti sono diversi tra loro per stirpe, cultura, posizione sociale e religione. C’è qualcuno fra loro in cui senti di aver inserito una parte di te?
Presumo che qualunque scrittore di narrativa proietti su ogni personaggio il proprio bagaglio di esperienze. Da ciò si possono trarre i lati luminosi e oscuri dell’autore, così come aspetti che lo irritano o valori che lo galvanizzino. Il lettore rimane magari estraneo a ciò e tende a prendere le parti del personaggio che più gli aggrada. Se mi chiedeste di scegliere uno a cui sono più legato, direi il giannizzero Ismail. Ho cercato di rendere quanto più possibile organica la sua evoluzione all’interno del romanzo e spero che anche i lettori saranno d’accordo.
Parliamo di un romanzo, ma da storico ho avuto modo di rilevare con piacere un ottimo grado di accuratezza storica. Come hai raccolto le informazioni necessarie per ricostruire gli avvenimenti dell’assedio?
Ho dovuto leggere molto e confrontare varie fonti. Posso menzionare tra le fonti più importanti “Costantinopoli ultimo atto” di Steven Runciman, un saggio che si fa leggere quasi come un romanzo. Anche “La caduta di Costantinopoli” di Agostino Pertusi merita una menzione.
Per altre fonti mi sono affidato ai consigli di esperti della materia. Il complesso lavoro di congiunzione delle fonti in funzione di una narrativa che fosse storicamente accurata nei limiti imposti dalla trama di un romanzo è tutto farina del mio sacco. Posso dire che ho tentato quanto più possibile di dar precedenza all’attinenza alla realtà ogni qual volta ciò non implicasse un impoverimento sul versante narrativo.
Passando ad una domanda d’attualità: credi che il triste epilogo della Seconda Roma possa insegnarci altro oltre all’intrinseco valore dell’intera civiltà greco-romana?
Assolutamente sì. Tutti i fatti storici hanno da insegnare poiché chi non studia la storia è condannato a vederla ripetersi, mentre chi la studia è condannato a vedere che chi non la studia commette sempre i medesimi errori. Tra i tantissimi spunti che ci possono portare a riflettere, da economista posso affermare che, se non si è accorti sul versante economico, questo ti presenta il conto. L’impoverimento porta alla emigrazione, la quale causa una crisi demografica che porta alla morte di una civiltà. Questo fu uno dei motivi della caduta di Costantinopoli.
La stesura di un romanzo riguardo un avvenimento tanto importante ti ha permesso di metterti in contatto con personalità che si possono considerare eredi dei popoli protagonisti dell’assedio?
Durante la scrittura del libro, no. Situazione molto diversa invece durante la promozione che sto curando in questi mesi. Ho avuto modo di incontrare il console greco di Milano Nikolaos Sakkaris e il capo della comunità ellenica di Milano Sofia Zafiropoulou. Si sono dimostrati entusiasti, interessati e disponibili. Ringrazio di cuore entrambi. Ho potuto constatare il profondo legame che unisce noi italiani con il popolo greco nella loro gentilezza e disponibilità nel darmi una mano.
Costantino XI Paleologo è considerato santo dalla Chiesa ortodossa greca: è chiaro che per i greci questa tematica sia molto importante. Penso che anch’io a parti inverse sarei così colpito se uno straniero si cimentasse nello scrivere un libro su un capitolo eroico e centrale della storia d’Italia. In ogni caso, per me è fonte di enorme soddisfazione anche la volontà di un semplice lettore di dedicare il suo tempo alla lettura di questo romanzo che mi ha richiesto un enorme sacrificio.
Per concludere, hai in mente altre opere da scrivere?
Certamente. Ne parlavo proprio pochi giorni fa con un caro amico. Direi che sono tre le storie indiziate per le prossime opere. Si tratterà sempre di un romanzo storico con ambientazioni diverse fra loro e con personaggi che si trovano ad esperire grandi avvenimenti. Il mio obiettivo è quello di intrattenere, ma facendo rivivere delle gesta reali.
Mi piace considerarmi come un semplice supporto affinché la grandezza di grandi personalità del passato possa avere rinnovato interesse da parte dei contemporanei. Non ho come obiettivo primario il diventare famoso. Se avverrà, mi farà piacere, ma non è la sola cosa che mi muove. Io scrivo affinché la nostra epoca possa ricordarsi dei grandiosi eventi del passato, così che questi possano diventare di nuovo degli esempi per le future generazioni.
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