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Tra le 81 province della Turchia, Adalia (o Antalya, in lingua turca), è tra le più affascinanti: il mar Mediterraneo, sulla quale si affaccia, domina la scena, regalando panorami meravigliosi. La natura è tra i fattori che più attraggono i visitatori: basti pensare al monte Yanartaş, che si erge a circa 200 metri sopra il livello del mare.
Si tratta di un luogo dalla particolarità unica: il nome stesso, infatti, significa pietra che brucia, a indicare un luogo perennemente in fiamme. Quale fenomeno naturale si verifica su questo monte? E perché esso è legato al mito greco della temibile Chimera?
Yanartaş, in fiamme da millenni
Questo curioso “monte di fuoco” si trova nella vallata dell’antica Olympos, città fondata probabilmente nel IV secolo a.C. e sopravvissuta almeno fino all’arrivo dell’imperatore Adriano nel 132 d.C.. La vicinanza di Yanartaş a Olympos fece sì che la città venisse dedicata al dio greco Efesto: la continua emissione di fiamme da tale monte, adiacente al sito abitato, faceva sì che l’immaginario comune lo pensasse come la fucina del fabbro degli dèi, perennemente al lavoro.
La presenza del fuoco sul monte, tuttavia, è molto antica: recenti studi ipotizzano come tale luogo “bruci” da migliaia di anni, almeno 2500. La causa è da far risalire alle emissioni di diversi gas dal terreno, in gran parte metano, idrogeno e azoto: ciò produce dei veri e propri “fuochi fatui”, fiamme imperiture che vengono costantemente alimentate da questi gas prodotti naturalmente.
Tale tratto distintivo del territorio è stato, in epoca antica, largamente utilizzato dai naviganti che si ritrovavano a passare dalle parti di Olympos: specialmente di notte, infatti, le fiamme fornivano una sorta di faro naturale, utile per orientarsi. Al giorno d’oggi, i “fuochi fatui” di Yanartaş non vengono più usati come punto di riferimento nella navigazione; tuttavia, sono ancora utilizzati per la preparazione del thè.
Nonostante ciò, specialmente di notte, tale luogo assume un aspetto quasi magico: le fiamme che ardono sono osservabili al meglio, apprezzate dai numerosi escursionisti che vi vengono in visita. Tale spettacolo può essere comparato a quello apprezzabile in quella che viene soprannominata la “porta dell’inferno”: una fossa larga oltre 5300 m², rovina di una grotta piena di gas naturali sita in Turkmenistan che brucia ininterrottamente da più di 50 anni, data volontariamente alle fiamme dei geologi per evitare che tali gas si propagassero nei villaggi vicini.
Il “monte Chimera”
Oltre a trattarsi di un vero e proprio spettacolo naturale, il monte Yanartaş assume un particolare valore in quanto legato a una nota leggenda della mitologia greca: quella della Chimera. La mostruosa creatura sputafuoco dal corpo di leone, coda di serpente e doppia testa, di capra e leone, è strettamente legata alle avventure di un noto eroe greco: Bellerofonte.
Bellerofonte fu vittima inconsapevole di un “passaggio di consegne” per ucciderlo. Avendo rifiutato le avances della regina di Tirinto, il suo assassinio fu da lei richiesto per vendetta. Le regole dell’antica accoglienza greca, tuttavia, non consentivano tale gesto a chi ospitava: fu così inviato dal re Iobate di Licia con l’obiettivo di consegnargli una lettera, recante l’ordine del suo assassinio.
Anche Iobate, tuttavia, avendo accolto l’eroe greco nella sua città, si trovò nella stessa difficoltà. Decise così di inviarlo sul “monte Chimera”, in una missione quasi suicida: uccidere il mostro, che abitava in un luogo dove le fiamme non morivano mai, identificato in età contemporanea proprio con Yanartaş. Eppure, il giovane riuscì nell’impresa con l’aiuto di Pegaso: grazie al cavallo alato, trafisse il mostro sputafuoco con una lancia di piombo, che si fuse nella gola della creatura uccidendola.
Bellerofonte, tuttavia, non fu così fortunato: pur sopravvivendo alla battaglia e a quelle successive dove fu inviato, sempre nel tentativo di adempiere alla richiesta della regina di Tirinto, le continue vittorie lo resero ebbro di potere, desideroso di raggiungere gli dèi dell’Olimpo. Questi ultimi, indispettiti, fecero in modo di farlo disarcionare da Pegaso: dopo una rovinosa caduta dai cieli, l’eroe greco rimase cieco, un’infermità che lo accompagnò fino alla sua morte, avvenuta in solitudine, dopo anni di rimorsi.
Il “monte Chimera”, dunque, a differenza di quei luoghi perduti raccontati nei miti greci, potrebbe essere un posto realmente esistente, che ha fornito da ispirazione per il racconto dell’impresa dell’eroe greco. Non è dato saperlo: tuttavia, Yanartaş resta una meta suggestiva, immersa nello splendore della provincia di Adalia, sospesa tra il mito e la realtà.
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