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I primi anni del 1900 sono certamente legati alla costruzione dei transatlantici: lussuose e gigantesche navi passeggeri create appositamente per solcare l’Atlantico, trasportando civili dall’Europa all’America e viceversa, nel tentativo di battere sempre più i tempi, giungendo a destinazione prima di tutti gli altri.
Tra le numerose compagnie navali, la britannica White Star Line è certamente tra quelle che, fino al giorno d’oggi, sono rimaste salde nella memoria collettiva. Ciò è certamente dovuto al “trio” di enormi transatlantici, i più grandi per l’epoca, da essa commissionati: l’Olympic, il Britannic e, certamente più celebre tra i tre, il Titanic.
Naturalmente, l’attenzione dell’immaginario collettivo, grazie anche ai media e al cinema, è sempre stata spostata nei confronti di quest’ultimo, il cui viaggio celebrativo fu sfortunatamente anche l’ultimo, affondando dopo aver colpito un iceberg pochi giorni dopo la partenza. Il Titanic riposa sul fondale oceanico, a quasi 4 km di profondità, irraggiungibile se non con mezzi estremamente sofisticati, in grado di reggere la forte pressione: in tempi recenti è sfortunatamente tornato in auge grazie anche ai tristi fatti di cronaca legati alla vicenda del Titan.
Ma l’oceano Atlantico non è l’unico mare nelle cui acque riposa un relitto di tali, gigantesche dimensioni: il Mar Mediterraneo, infatti, custodisce i resti della nave gemella HMHS Britannic che, a differenza della sfortunata sorella, non ebbe mai il tempo di essere impiegata per il compito per la quale era stata costruita.
L’HMHS Britannic: la gemella “meno nota”
Era il 1907 quando, alla compagnia di costruzioni di navi Harland & Wolff, arrivò il primo ordine da parte della White Star Line: si iniziò a costruire la prima nave del trio, l’Olympic. L’ordine per il Britannic, invece, arrivò molto dopo: nel 1911, restando in cantiere fino al 1914, ben due anni dopo il tragico affondamento del Titanic.
La breve vita della nave venne sin da subito profondamente modificata dal primo dei terribili avvenimenti che avrebbero caratterizzato il ventesimo secolo: lo scoppio della Prima Guerra Mondiale. Per questo motivo, non vi fu mai il tempo di organizzare un viaggio inaugurale in qualità di transatlantico: venne requisita, ridipinta in bianco con grosse strisce verdi e croci rosse, assumendo la dicitura HMHS, ovvero His Majesty Hospital Ship.
Il primo viaggio della nave ospedale ebbe luogo alla fine di dicembre del 1915: si susseguirono, nei mesi successivi, cinque viaggi ben riusciti, che portarono spesso il transatlantico a navigare tra le acque del Mar Mediterraneo. Vi fu un momento, durante l’estate del 1916, in cui la nave fu restituita al servizio civile: ciò, di fatto, non avvenne poiché vi fu una nuova requisizione del Britannic da parte del governo, facendola permanere nel suo status di nave ospedale.
Un affondamento passato inosservato
Come la sua sorella più celebre, anche il Britannic ebbe una vita estremamente breve: neanche un anno dopo il suo primo viaggio, incontrò la sua fine al largo della costa di Kea, isola della Grecia. La nave, infatti, colpì una mina tedesca, che la squarciò: sebbene fosse stata rinforzata, in seguito al disastro del Titanic, per resistere con più comparti allagati, i danni furono troppo estesi per salvarla.
Parecchi furono gli sforzi del comandante Charles Bartlett per portarla il più vicino a terra, per farla incagliare. Ma, nonostante questo, la nave andò inclinandosi sempre di più: fu così ordinata l’evacuazione e, meno di un’ora dopo dall’incidente, venne inghiottita dalle acque del Mediterraneo, poggiandosi su un fianco. Fu, ad ogni modo, un affondamento curioso: la nave, infatti, è più lunga rispetto alla profondità dove oggi riposa (120 metri contro gli oltre 270 della nave), dunque una parte toccò il fondo mentre un’altra si trovava ancora in superficie.
Il Britannic fu la più grande nave perduta durante il conflitto mondiale e la seconda delle tre navi gemelle della White Star Line ad affondare. Più fortuna ebbe la “maggiore” delle tre: l’Olympic, anch’essa utilizzata durante la guerra e unica ad essere persino riuscita ad affondare un sommergibile, tornò al suo ruolo da imbarcazione civile fino alla metà degli anni ’30, quando arrivò alla sua naturale “pensione”, venendo smantellata.
Tuttavia, a differenza del Titanic, le perdita del Britannic fu meno presa in considerazione. Innanzitutto, le vittime furono molte meno: solamente 30, contro le oltre 1.500 del celebre transatlantico. Ciò fu dovuto non solo alle misure di precauzione maggiorate grazie proprio all’incidente del Titanic, ma anche alle acque meno profonde e decisamente più calde (circa 20° contro i -2° dell’oceano Atlantico).
Anche gli interessi nei confronti del relitto furono piuttosto scarsi: il ritrovamento del Titanic nel 1985 fece scalpore e avviò una macchina d’esplorazione e, in età contemporanea, turistica non indifferente. Ritrovato dieci anni prima, il Britannic, nonostante le migliori condizioni di conservazione e la maggiore accessibilità, è da sempre rimasto in secondo piano.
Il relitto, ad ogni modo, è un importante richiamo turistico all’isola di Kea, dalla cui costa dista davvero poche miglia. Vicino l’isola, inoltre, è stato di recente trovato un altro relitto, quello della SS Burdigala, affondata pochi giorni prima del Britannic, possibilmente silurata o, similmente al transatlantico, a causa dell’impatto con una mina. Ciò si va ad unire ai numerosi tesori subacquei del mar Mediterraneo che, tra vulcani sottomarini e numerosissimi relitti, non tutti scoperti, ha tanto da offrire ai suoi esploratori.
Il Mediterraneo, dunque, ha il suo “titanico” relitto. Il Britannic non avrà avuto i suoi Jack e Rose né l’attenzione dei media mondiali, limitandosi solo a un film; tuttavia, per quanto breve, l’operato della nave ospedale ha certamente cambiato le sorti delle centinaia di persone che, durante i mesi di lavoro, vi sono salite a bordo. Il relitto resta ora, così come la più celebre sorella, una testimonianza importante di un tempo ormai passato, il cui fascino non smette di ammaliare più di un secolo dopo il suo affondamento.
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