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Nel XVI secolo, il Mediterraneo era un teatro di conflitti incessanti, dove potenze navali si scontravano per il controllo delle rotte commerciali. Le popolazioni costiere tremavano di fronte all’inarrestabile avanzata dell’ormai leggendario Khayr al-Dīn Barbarossa, il corsaro che trasformò la pirateria in una formidabile strategia militare, diventando il terrore delle potenze cristiane.
Barbarossa: dalla pirateria al Corsarato
Nato a Mitilene, nell’isola greca di Lesbo, intorno al 1478, Khayr al-Dīn intraprese inizialmente la carriera di pirata al fianco del fratello maggiore Aruj. Insieme, depredavano le navi mercantili nel Mediterraneo, finché Aruj non cadde vittima degli spagnoli, in una feroce battaglia. Khayr al-Dīn così prese il soprannome di “Barbarossa“, il “Barbuto” e iniziò a costruire un impero navale che avrebbe segnato la storia del Mediterraneo fino ai giorni nostri.
Barbarossa si alleò con l’Impero Ottomano, unendosi al sultano Selim I che lo nominò ammiraglio della flotta ottomana. Impropriamente definito pirata, era in realtà un corsaro. I corsari, lontani dall’essere semplici banditi, venivano infatti assoldati dall’Impero come veri e propri strumenti di guerra, infondendo terrore nelle potenze cristiane e consolidando il potere navale dell’Impero Ottomano. Le sue incursioni non risparmiarono le coste italiane, francesi e spagnole, da cui depredava tesori e prigionieri.

Una delle imprese più celebri di Barbarossa fu la presa di Tunisi nel 1534, che strappò agli spagnoli per poi trasformarla in una roccaforte ottomana. L’anno successivo, Carlo V, imperatore del Sacro Romano Impero, lanciò una spedizione per riconquistare la città. Nonostante la sconfitta, Barbarossa non si arrese: continuò a battere le potenze cristiane, e nel 1538 ottenne la vittoria decisiva nella battaglia di Prevesa. Le forze ottomane distrussero la Lega Santa, guidata da Andrea Doria, nemesi del corsaro, consolidando definitivamente il dominio ottomano nel Mediterraneo orientale.
Un abilissimo stratega
Nel corso della sua carriera, Barbarossa affrontò e sconfisse numerose flotte nemiche, tra cui quella della Repubblica di Genova, che nel 1516 lo attaccò mentre si trovava a Tunisi. Nonostante la sconfitta, Barbarossa si rifugiò nella città e vi rimase come signore. Successivamente, nel 1534, le sue incursioni sulle coste italiane si intensificarono, con saccheggi a Cetraro, San Lucido e Capri, e la cattura di oltre 900 prigionieri.
Un altro dei suoi attacchi più celebri avvenne nel 1544, quando Barbarossa assaltò l’isola di Ischia. Le sue truppe, cogliendo di sorpresa le popolazioni locali, uccisero e catturarono migliaia di persone da vendere come schiavi. Ancora oggi, nella tradizione popolare di Forio, si consiglia di non fare il bagno il 24 giugno, ricorrenza dell’attacco, con il detto: “ce stanne ‘e curtielle a mmare!” (ovvero “ci sono le cortigiane a mare”).

Barbarossa non era solo un abile guerriero, ma anche un uomo di cultura: parlava ben sei lingue. Astuto stratega, utilizzò le sue abilità diplomatiche per guadagnarsi la fiducia del sultano Solimano il Magnifico, riuscendo a garantirsi così una certa autonomia nelle sue azioni.
Le leggende attorno la figura di Barbarossa
Le gesta di Barbarossa sono entrate nelle storie della tradizione popolare, un po’ con timore un po’ con reverenza. Una delle storie più celebri è quella della Leggenda dell’Innamorata di Capoliveri, che racconta di due giovani amanti, Maria e Lorenzo, separati dalla furia dei pirati. La ragazza, dopo aver visto il corpo del suo amato gettato in mare, si gettò tra le onde. Di lei fu ritrovato solo il suo scialle impigliato su uno scoglio, oggi conosciuto come lo scoglio della Ciarpa. Ogni 14 luglio, un corteo di fiaccole rievoca questa tragica storia d’amore.
Anche a Peschici si racconta di un tesoro legato a Barbarossa, custodito nella cripta di un’abbazia benedettina. Secondo la leggenda, un vitello d’oro fu posto come cuscino a una giovane donna, probabilmente la moglie del corsaro, e sepolta nella cripta.
La leggenda del Fusillo, invece, racconta di quando Barbarossa, al comando di una flotta di settecento Turchi, assediò il borgo di Felitto. Gli abitanti, ormai allo stremo delle forze e privi di provviste, sembravano destinati alla resa. Fu allora che Don Maclodio Arrivabene, feudatario astuto e cuoco per passione, escogitò uno stratagemma per confondere il nemico.
Sfruttando la poca farina e uova rimaste, fece preparare un impasto che trasformò in piccoli tocchetti di pasta, modellati con delle barre di ferro per creare <strong>fusilli. Questi fusilli, asciugati per due giorni, vennero poi lanciati nel campo nemico con una balestra, dando l’impressione che i Felittesi avessero ancora abbondante cibo. Barbarossa, convintosi che i difensori avessero ancora risorse per resistere a lungo, decise di sollevare l’assedio.
Si racconta anche che il corsaro possedesse un anello magico che gli permetteva di prevedere le mosse dei suoi nemici. Inoltre, secondo alcune storie, dopo la sua morte nel 1546 a causa di una febbre violenta, il suo spirito continuò a navigare nei mari, guidando i corsari che seguirono le sue orme.
La sua morte segnò la fine di un’era di terrore pirata, ma la sua leggenda non svanì mai. Ancora oggi la sua tomba a Istanbul è un omaggio al sultano del mare che trasformò per sempre la storia della pirateria e della navigazione.
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