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L’edizione 2024 del Giro d’Italia, la corsa a tappe di ciclismo che dal 1909 si tiene annualmente per le strade italiane, volge verso la sua fine. Domenica 26 maggio si percorreranno a Roma gli ultimi 125 km, concludendo un percorso in 21 tappe da ben 3.400,8 km totali.
Competizione dalla lunghissima storia, annovera tra i suoi partecipanti alcuni tra i più celebri ciclisti italiani: Fausto Coppi, Vincenzo Nibali, Gino Bartali, Marco Pantani. Ma cent’anni fa si presentò una figura storica, esempio della parificazione tra gli sport maschili e femminili: Alfonsina Strada, prima e unica donna a prendere parte al Giro assieme a partecipanti soli uomini. Ripercorriamone la vita e la sua coraggiosa partecipazione all’edizione 1924.
“Il diavolo in gonnella”: i primi anni di Alfonsina Strada
Nata nel 1891, Alfonsa Rosa Maria Morini, questo il cognome da nubile, si avvicina giovanissima al mondo del ciclismo. Riceve la prima bici dal padre Carlo tra il 1897 e il 1901, scoprendosi incredibilmente appassionata. Prima dei 14 anni, parteciperà in incognito alle sue prime gare, vincendone secondo le testimonianze dell’epoca almeno una.
Nel 1911, Alfonsina Morini segna il suo primo record del mondo di velocità femminile, correndo a 37,192 km/h. Scoperta dai genitori, per continuare la sua carriera sposa il suo primo manager, Luigi Strada: per regalo di nozze riceverà una bici da corsa.
Sempre più popolare tra il torinese e la Francia, dove correrà più volte per diversi impresari locali consigliata dal corrispondente della Gazzetta dello Sport parigina, nel 1917 si iscriverà al Giro di Lombardia, unica donna in una platea di corridori. Fu ultima a completare il tragitto, lasciando almeno una ventina di corridori dietro di sé a non riuscire a completare la gara. Competerà una seconda volta nel 1918, giungendo ventunesima: a questo punto, Alfonsina strada era conosciuta come “la regina della pedivella”, o “il diavolo in gonnella”.
La partecipazione al Giro d’Italia
Il 1924 si apre, per Alfonsina, con un evento infausto: il ricovero in manicomio del marito Luigi, proseguito per vent’anni, fino alla morte di lui. Impossibilitata a mantenere i crescenti costi della famiglia, Alfonsina prese una decisione che l’avrebbe fatta entrare nella storia dello sport italiano: partecipare al Giro d’Italia. Come da lei stessa raccontato durante un’intervista al Guerin Sportivo,
Sono una donna, è vero. E può darsi che non sia molto estetica e graziosa una donna che corre in bicicletta. […] Ma che dovevo fare? […] Ho un marito al manicomio che devo aiutare; ho una bimba al collegio che mi costa 10 lire al giorno. […] Ho le gambe buone, i pubblici di tutta Italia (specie le donne e le madri) mi trattano con entusiasmo.
La sua iscrizione al Giro fruttò molte polemiche: tanto la Gazzetta dello Sport quanto Il Resto del Carlino tentarono di nascondere la vera identità della donna, citandola come Alfonsin Strada di Milano o Alfonsino Strada. Fu al momento della partenza che venne confermata la presenza della “corridora” in gara, destando l’interesse di tutta l’Italia.
Nonostante la naturale differenza tra la prestanza fisica di Alfonsina e dei suoi colleghi, la ciclista non mancò di tagliare i traguardi, sebbene con diverse ore di ritardo. Non ricevette premi, ma l’ammirazione di tutti coloro i quali la attendevano al traguardo, così come numerosi regali: da soldi, coi quali pagò i debiti, fino a fiori e gioielli. Furono in 90 a partecipare all’edizione del Giro d’Italia del 1924: soltanto un terzo arrivò a fine gara, e tra di essi vi fu Alfonsina Strada.
Una leggenda ancora viva
La partecipazione di Alfonsina Strada al Giro d’Italia fu un unicum; non le fu più permesso di partecipare. Nonostante ciò, continuò la sua carriera sportiva per lungo tempo, fino a ritirarsi dopo aver segnato un altro record, quello femminile dell’ora, ottenuto nel 1937.
Risposatasi dopo la morte del marito, negli ultimi anni della sua vita gestì un negozio di biciclette. Non fu in bici che, però, morì: passata alla guida di una Moto Guzzi, ebbe un infarto appena 68enne, nel tentativo di riavviare la sua motocicletta.
La storia del coraggio della ciclista emiliana, tuttavia, continua a vivere. Basti pensare alla canzone Bellezze in bicicletta, composta nel 1950 e utilizzata nell’omonimo celebre film. L’avventura di Alfonsina Strada ha raggiunto la letteratura: in tempi più moderni, è possibile trovarla in Storie della buonanotte per bambine ribelli, di Francesca Cavallo ed Elena Favilli.
Quella di Alfonsina Strada, dunque, è una storia di forza e determinazione che è stata capace di sfidare i preconcetti dell’epoca, mettendo in luce una donna straordinaria che cento anni fa, nelle sue stesse parole citate da Roberta Rodolfi nella parte a lei dedicata nel libro Donne e sport, fece vedere “se le donne non sanno stare in bicicletta come gli uomini!”.