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Solitudini metropolitane
Nel corso degli ultimi anni è evidente un cambiamento graduale e progressivo in merito alle modalità con cui abitiamo le città. Certamente, la pandemia da COVID 19 ha accelerato alcune istanze che stavano cominciando a configurarsi in relazione alle necessità degli abitanti dei centri urbani. I cittadini sono troppo spesso sopraffatti da ostilità di carattere economico, come la crisi del mercato immobiliare, ma anche sociale. Proprio questa è la causa di una paradossale e profonda solitudine all’interno delle grandissime e affollate metropoli. In questo contesto si colloca l’opera anticonvenzionale dell’architetta siciliana Maria Giuseppina Grasso Cannizzo.
L’architetta rappresenta una delle più influenti voci dell’architettura contemporanea a operare nella direzione del progetto della piccola scala, riportando l’arte dell’abitare a una dimensione umana e personale. La sua attività progettuale si colloca in netta opposizione rispetto alla tendenza della “bigness” dell’architettura contemporanea, descritta da Rem Koolhaas come un fenomeno che celebra la grandezza spropositata di oggetti architettonici disumanizzati, fuori da qualsivoglia scala e contesto.
L’architetta Grasso Cannizzo e l’elogio della piccola scala
Grasso Cannizzo nasce nel 1944 in Sicilia, precisamente a Vittoria, un piccolo paese nella campagna ragusana. Ben presto lascia la sua amata terra per dedicarsi agli studi di architettura presso l’università “La Sapienza” di Roma, dove si laurea nel 1974 con una tesi in restauro monumentale seguita dal mentore Franco Minissi. L’architetto è noto soprattutto per il progetto di restauro e conservazione dei mosaici di Villa romana del Casale a Piazza Armerina (CT). Durante il primo decennio del suo percorso professionale Grasso Cannizzo ha l’occasione di frequentare e assorbire gli ambienti culturali metropolitani di Roma e Torino per poi abbandonare la realtà delle grandi città e tornare nella campagna ragusana. Dichiara, infatti, che il suo obiettivo fosse di mettere in pratica le sollecitazioni ricevute dagli ambienti urbani all’interno di un progetto che si concretizza attraverso interventi su scala ridotta.
Il ritorno alla Sicilia rurale è una decisa presa di posizione contro l’idea che la grandezza in architettura possa migliorare la qualità dell’abitare. Al contrario, Maria Giuseppina Grasso Cannizzo celebra un ritorno alla vita lenta e alla misura umana, un pensiero riletto in chiave contemporanea attraverso progetti privati che, sebbene afferiscano alla categoria della piccola scala, prevedono una grande complessità tecnica e materica che si esprime nella qualità del dettaglio.
Il progetto: Casa Asilo a Mazzarrone (CT)
Uno dei progetti più rappresentativi dell’opera anticonformista dell’architetta Grasso Cannizzo è senz’altro il restauro di Casa Asilo, una vecchia casa rurale nella campagna di Mazzarrone, nell’entroterra della provincia catanese. L’edificio è stato trasformato attraverso un uso sapiente della luce naturale, dei materiali locali e di un progetto che dialoga con l’ambiente circostante. Il complesso progetto dell’architetta indaga le ragioni stesse dell’operazione architettonica di recupero e restauro. Infatti, l’opera implica la necessità di preservare l’esistente e al tempo stesso di suggerire nuove possibili funzioni e direzioni del manufatto.
Il risultato è uno spazio che cambia e si adatta alle esigenze dei suoi abitanti, esprimendo una visione architettonica essenziale e raffinata. Nel 2021 la Triennale di Milano e il MAXXI di Roma hanno assegnato a questo progetto il Premio Italiano di Architettura, ritenendolo l’intervento architettonico migliore realizzato in Italia nel triennio precedente.
L’allestimento museale: “In collisione” al MAXXI di Roma
Le intenzioni dell’opera dell’architetta siciliana hanno trovato chiara espressione anche in alcuni progetti nel campo dell’installazione temporanea in ambito museale.
Nel marzo del 2024, in occasione dell’ottava edizione del ciclo NATURE, la serie di mostre in cui il MAXXI (Museo nazionale delle Arti del XXI secolo) invita un autore a progettare un’installazione site specific che rappresenti una sintesi della propria ricerca progettuale, Grasso Cannizzo presenta la sua opera “In Collisione”. L’allestimento immagina e concretizza un’architettura concettuale che esprime la personale idea di abitare dell’architetta siciliana. L’oggetto architettonico, una struttura metallica schermata da lamiere nere riflettenti, si configura come un’arma oscura e ostile, un ariete pronto a sfondare le pareti del museo che lo ospita. Solo successivamente l’architettura apparentemente elementare si schiude, rivelando una raffinata complessità tecnologica che al contrario accoglie i visitatori.
In questo modo, attraverso la sua attività progettuale, l’architetta Maria Giuseppina Grasso Cannizzo comunica come il senso del tempo, del movimento e dell’unione tra espressività artistica e avanguardia tecnologica possano suggerire nuove direzioni per il progetto architettonico contemporaneo e, più in generale, per abitare le città del domani.
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