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Non vi è alcun dubbio sul fatto che il Mediterraneo sia un’importante meta di turismo, grazie alle sue innumerevoli bellezze paesaggistiche, artistiche e architettoniche. Il merito di tale attrattiva, però, è da attribuire anche ad altro: l’armonia cromatica che caratterizza alcuni borghi, città e isole. I piacevoli colori delle case, e più in generale degli edifici, esercitano un fascino non indifferente sui numerosi visitatori che spesso vi si recano anche solo per poter vantare la proprietà di suggestivi scatti originali condivisi sui social.
Questi numerosi luoghi pittoreschi possono presentare un aspetto monocromatico o policromatico. Basti pensare a Chefchaouen, la “perla blu” del Marocco, o alle isole greche che richiamano i colori della bandiera nazionale, fino alla coloratissima Burano, splendida e popolare isola veneziana.
Ognuna di queste affascinanti realtà nasconde storie interessantissime. In effetti, una domanda sorge spontanea: perché sono così colorate? Attraverso i tre esempi succitati, lungi dall’essere esaustivi e rappresentativi di tutti i borghi e le città mono e poli-cromatiche, si intende accompagnare il lettore alla scoperta dei segreti che si celano dietro le tinte tanto suggestive.
Chefchaouen e le mille tonalità di blu
Chefchaouen, l’ormai nota città del Marocco sita nella regione montagnosa dello Jbala, è un esempio perfetto di monocromia. È conosciuta in tutto il mondo proprio per il vibrante colore blu che riveste i muri, i tetti e le porte della quasi totalità dei suoi edifici. Non tutti, però, ne conoscono la storia, e spesso non si immagina che le diffuse tinte color del mare della madīna marocchina siano il risultato di scelte o motivazioni pratiche.
Non esistono certezze e pareri unanimi sul perché Chefchaouen sia blu. Si dà il caso, infatti, che le teorie siano molteplici. Tra queste, la più curiosa riguarderebbe la proprietà di questo colore di repellere le zanzare. Sarebbe, dunque, questo il motivo, a dire di alcuni, dietro la decisione di pitturare tutte le case di blu, un colore impiegato in origine solo nei quartieri ebraici della città.
Non tutti sono concordi con questa ipotesi. Vi è chi ritiene che la scelta del blu costituisca un omaggio alla cascata Ras el-Maa che garantisce l’approvvigionamento idrico della città; o ancora che le sfumature azzurrine di Chefchaouen rimandino simbolicamente a quelle del mar Mediterraneo. Inoltre, nella tradizione islamica questo colore viene associato a concetti di ottimismo e profondità mistica, motivo per il quale potrebbe essere stato scelto, più semplicemente, per scopi di abbellimento.
Non è tutto: il blu è un colore altrettanto importante per la fede ebraica. Le prime tracce di celeste testimoniate a Chefchaouen si ebbero a partire dal 1492, con la Reconquista spagnola che portò all’emigrazione in massa degli ebrei, oltre che dei musulmani, residenti in Andalusia. Il popolo ebraico potrebbe, dunque, essere il responsabile di questa “febbre blu”. Infine, non bisogna sottovalutare la capacità di questa tonalità fredda di mantenere più fresche le abitazioni, con la conseguente adozione per la tinteggiatura degli edifici.
Il candore delle isole greche
Oltre all’affascinante città marocchina, è curiosa anche la storia delle colorate isole greche del Mediterraneo. I colori predominanti sono il bianco e il blu, iconici anche per i rimandi alla bandiera nazionale. In effetti, si potrebbe pensare che queste tinte siano state adottate proprio come simbolo identitario, ma la realtà dei fatti è ben diversa.
Iniziamo con il bianco. In origine, le case delle numerose isole in Grecia furono costruite in pietra vulcanica; la scarsità e difficoltà di reperimento di legname, in effetti, costrinse a optare per questo materiale dalle tonalità molto scure. Sorse ben presto un problema: il nero della pietra assorbiva il calore dei raggi solari rendendo invivibili gli ambienti domestici durante la stagione estiva. Da qui, la scelta di pitturare gli edifici di bianco, il quale possiede maggiori proprietà riflettenti, di gran lunga più indicato per “rinfrescare” le case.
Non solo: il bianco divenne anche una difesa contro l’epidemia di colera! Nel 1938 il governo impose l’imbiancatura delle abitazioni poiché questa pittura conteneva calcare, un potente disinfettante in grado di sanificare e contrastare la diffusione della malattia.
E per quanto riguarda il blu? perché è questo il colore predominante, insieme al bianco? Ancora una volta la risposta è legata a ragioni pratiche. La pittura blu era più economica rispetto alle altre colorazioni: si otteneva da una polvere chiamata loulaki, la quale veniva poi mischiata con l’intonaco calcareo già menzionato.
Nel 1967 la dittatura militare ha, successivamente, imposto la tinteggiatura delle case di bianco e blu, questa volta per rispondere a spinte di carattere patriottico e nazionalista, perfettamente riflesse dai due colori. Dal 1974, infine, una legge ad hoc ne ha confermato l’obbligo.
Burano: una tavolozza di colori
L’ultimo caso che si vuole portare all’attenzione riguarda il policromatismo dell’isola veneziana di Burano, al quale si deve larga parte della sua notorietà nazionale e internazionale. Anche questa volta, le ragioni di tale ricchezza cromatica sono sorprendenti e inaspettate.
Esistono diverse leggende al riguardo. La prima è legata alle difficoltà da parte dei pescatori, che in passato abitavano nell’isola, di individuare la propria abitazione tra i fitti e frequenti banchi di nebbia. Colorare la facciata delle proprie case costituiva, quindi, un modo per identificarle più facilmente a distanza.
La seconda leggenda, invece, è legata ai cognomi delle famiglie che vivevano a Burano. Poiché molte di esse condividevano lo stesso cognome, un efficace modo per distinguerle divenne quello di identificarle con dei soprannomi relativi ai colori delle rispettive case. Infine, una terza credenza vede protagoniste le donne dell’isola. L’umidità distruttiva nell’isola avrebbe, infatti, comportato una continua manutenzione delle abitazioni, costringendo alla ritinteggiatura periodica delle facciate con le pitture più facilmente reperibili. Data la frequente assenza dei mariti pescatori, tale compito sarebbe spettato proprio alle donne.
Oltre ai luoghi sopra discussi, tanti altri contribuiscono a colorare il Mediterraneo, e alcuni nascondono storie interessanti che vale la pena di riscoprire.
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