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Salsa di accompagnamento utilizzata per insaporire pietanze a base di verdura, carne e pesce: il garum è un prodotto prelibato dalle origini antichissime. I romani lo adoravano e lo impiegavano in molte preparazioni, ma la sua produzione richiedeva una complessa lavorazione.
Da Maratea, il garum viaggiava direttamente sulle tavole di Roma, e l’importanza di questa salsa a base di pesce permane a oggi, tanto da essere stata riconosciuta prodotto agroalimentare tradizionale del comune lucano.
Come si ottiene il garum? e qual è stato il ruolo di Maratea nella produzione di questa salsa in passato?
Salsa garum: un salto nel passato
Il garum si otteneva attraverso la fermentazione in salamoia dei cosiddetti pesci “poveri”, con l’aggiunta di diverse spezie. La salsa liquida ricavata, dal gusto e dall’odore intenso, era poi utilizzata per condire le pietanze.
Come accennato, il garum era consumato soprattutto dagli antichi romani, che lo avevano conosciuto a loro volta dai greci. Il termine garum, infatti, deriva probabilmente dal greco “garon” (γάρον); è bene specificare, tuttavia, che le sue origini non risalgono all’Antica Grecia, bensì sono mediorientali. I babilonesi, in effetti, lo preparavano già nel XVIII secolo a.C.
La letteratura latina è piena di riferimenti alla salsa garum: dall’esperto gastronomo Apicio, autore del trattato in dieci libri De re coquinaria, contenente quasi 500 ricette, a Plinio il Vecchio con la sua Naturalis Historia. Nell’ultima opera, ad esempio, si menziona la versatilità del garum, oltre alle sue molteplici proprietà benefiche e curative.
In effetti, si riteneva che questa salsa, accanto al ricco valore nutritivo, possedesse ulteriori proprietà disinfettanti e antinfiammatorie. Il garum di pesce, ricco di proteine, era utilizzato, dunque, anche in ambito medico: era un rimedio efficace contro la dissenteria, per curare le scottature e le infiammazioni di bocca e orecchie e, persino, per disinfettare morsi di cane e di coccodrillo!
La ricetta degli antichi romani
Secondo la ricetta tradizionale tramandata dalle fonti classiche, per preparare il garum serviva un contenitore capiente all’interno del quale organizzare una stratificazione ben precisa. Sul fondo si disponeva uno strato di erbe aromatiche di vario tipo (menta, coriandolo, origano, finocchio, peperoncino, ecc.), al quale si sovrapponeva una fila di pesce, come sgombri, sardine e acciughe, non eviscerato. L’ultimo strato era costituito da abbondante sale marino grosso, essenziale per la macerazione del pesce e per contrastarne il processo di putrefazione.
Tutti gli strati erano ripetuti fino a riempire il recipiente. Il miscuglio veniva poi esposto al sole per diversi giorni e mescolato per quelli successivi. Si otteneva così un liquido, il garum vero e proprio, tramite una filtrazione del composto che avveniva in più momenti. La parte più solida, e meno pregiata, invece, era chiamata “allec”.
I tipi di garum erano molteplici, alcuni assai costosi, ed era, altresì, possibile ottenere delle varianti con l’aggiunta di olio, acqua o vino. Inoltre, la salsa di pesce in questione aveva una lunga conservazione, per cui era facilmente commerciabile in tutto il Mediterraneo.
Oggi il garum è un prodotto ancora apprezzato e consumato, sebbene la sua preparazione abbia subito alcune variazioni. Alcune di esse consistono nell’eviscerazione del pesce, cui viene rimossa anche la testa, e nella pratica di pressatura esercitata sul vaso recipiente, il quale viene chiuso, e da cui emerge a poco a poco il liquido ambrato.
Il garum di Maratea
Nel 2016, a Maratea, la salsa garum ha ottenuto il riconoscimento di prodotto agroalimentare tradizionale (PAT), aggiungendosi alla lista dei prodotti tipici della Basilicata. Ma perché il garum è legato proprio a Maratea?
Ebbene, in passato Maratea fu uno dei principali luoghi di produzione. Il condimento a base di pesce veniva preparato, in tarda età ellenistica e tardoromana, soprattutto nel sud Italia, ma anche in Spagna, Dalmazia e Nord Africa. La città lucana, per la sua strategica posizione geografica sul tirreno costituiva un ottimo sito di pesca; da lì le navi partivano alla volta di Roma per il commercio del prodotto.
A testimonianza della centralità di Maratea nella preparazione del garum, vi sono numerosi reperti. Nei fondali dell’isola di Santo Janni, di fronte alla costa lucana di Maratea, sono stati rinvenuti i recipienti di epoca romana in cocciopesto usati per la preparazione della salsa, ma anche le anfore che servivano per il suo trasporto via mare. Oggi è possibile osservare i reperti presso la mostra di archeologia subacquea nel Palazzo De Lieto di Maratea.
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