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Pergusa, dal mito alla siccità: storia del lago dell’entroterra siciliano

Tra i pochi bacini naturali siciliani, il lago Pergusa è un punto di riferimento per l'ecosistema, oggi minacciato dalla siccità.

Maya Rao by Maya Rao
9 Aprile 2025
in Green
Reading Time: 3 mins read
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Contenuti

  • Il lago Pergusa e il ratto di Persefone
  • La siccità e la graduale scomparsa: un’emergenza crescente

Tra i numerosi panorami immersi nella natura che la Sicilia offre, alcuni sono caratterizzati dalla presenza di laghi. Perlopiù artificiali, i grandi bacini naturali siciliani sono pochissimi: tra di questi, spicca il Lago Pergusa, situato nell’entroterra dell’Isola. Di antichissime origini, il lago è stato oggetto, nei lunghi secoli della propria esistenza, di un forte interesse culturale. Ad esso, infatti, sarebbe legata la nascita delle quattro stagioni. Ripercorriamone la storia, giungendo fino ai giorni nostri.

Il lago Pergusa e il ratto di Persefone

Di origine tettonica e dalle caratteristiche acque salmastre pur trovandosi lontano dal mare, il lago è presente nell’entroterra siciliano sin dalle più remote epoche. Non a caso, ad esso è legata una delle più celebri leggende dell’antica Grecia: il rapimento di Persefone (o Proserpina, secondo i romani). Si narra di come la giovane dea, figlia di Demetra e Zeus, passeggiasse per le rive del lago quando, attratta da un bellissimo fiore, non si accorse di come esso fosse una trappola. Venne rapita da Ade, il Dio degli Inferi che, invaghitosi di lei, la sposò. Alla giovane prigioniera, inconsapevole del fatto che chi consumasse i frutti degli Inferi fosse costretto a rimanervi per sempre, venne offerta una melagrana. Ne mangiò, tuttavia, solamente sei chicchi.

Esistono molteplici opere dedicate all’episodio mitologico del Ratto di Proserpina. Tra di queste, la fontana di Proserpina a Catania; sempre nella città Etnea, esiste una statua dedicata a Demetra.
Foto di Francesco Lombardi, via Wikimedia Commons. CC BY-SA 4.0.

Distrutta dalla scomparsa della figlia, Demetra (o Cerere, per i romani) iniziò a cercarla disperatamente. Non tendendo più alle messi, tuttavia, esse cominciarono ad avvizzire e morire, gettando il mondo in una lunga carestia. Preoccupato da un tale disastro naturale, Zeus svelò la posizione della figlia alla Dea della Fertilità, che lo implorò di liberarla da quella violenta prigionia.

Non avendo mangiato per intero il frutto degli Inferi, il Padre degli Dèi decretò che la fanciulla divina rimanesse nell’Oltretomba per un numero di mesi uguale ai chicchi di melagrana che Persefone aveva mangiato. Riunita con la madre, la carestia cessò. La leggenda spiegherebbe così la nascita delle stagioni; l’inverno e l’autunno, quando le colture muoiono a causa della tristezza di Demetra, e l’estate e la primavera, quando il mondo infine rifiorisce.

La siccità e la graduale scomparsa: un’emergenza crescente

Trattandosi di un bacino endoreico, ovvero senza emissari, la sopravvivenza del lago Pergusa è basata sul raccoglimento delle acque piovane o provenienti dalle falde. La siccità crescente, grave e drammatica problematica che affligge anno dopo anno la Sicilia e, in particolare, il suo entroterra, sta contribuendo alla graduale evaporazione del lago. Già alla fine degli anni ’90 fu necessario ricorrere a delle misure d’emergenza per ricolmare il lago, regalando nuova vita non solo al bacino idrico, ma anche al fragile ma splendido ecosistema che lo circonda.

Prima del solstizio d’estate del 2024, tuttavia, un nuovo grido d’allarme è stato lanciato: il Pergusa è tornato nuovamente a prosciugarsi. Lo scorso 26 giugno, tramite i propri social, Legambiente – Enna ha segnalato la quasi totale scomparsa del lago, ridottosi quasi a “una chiazza nerastra di fango umido che si sta essiccando al caldissimo sole di questa estate appena iniziata”. Una situazione di grave pericolo per le rotte migratorie degli uccelli che si muovono da e verso l’Africa, trovando sollievo e sosta nel grande lago.

Non solo: il Pergusa è uno dei pochi laghi al mondo caratterizzato periodicamente da un colore rossastro, causato dall’Arctodiaptomus Salinus, un piccolo gambero che, per proteggersi dal sole, si nasconde tra le piante acquatiche tingendosi di un rosso intenso, trasferendo il pigmento nell’acqua. Riparte, dunque, la corsa al salvataggio del grande lago ennese: un bacino naturale di fondamentale importanza per l’ecosistema, tra le cui acque scorrono leggende e miti antichissimi.

 

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