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“O voi che credete! V’é prescritto il digiuno, come fu prescritto a coloro che furono prima di voi, nella speranza che voi possiate divenir timorati di Dio, per un numero determinato di giorni”
(Corano: Sura II, versetti 183-4)
Il Ramadan è il mese più sacro per i musulmani. Esso rappresenta un momento di intenso avvicinamento ad Allah, di preghiere e di sacrificio da compiersi attraverso il digiuno, il quarto dei cinque obblighi dettati dall’Islam.
È una prova di volontà e di amore verso Iddio durissima, durante la quale i musulmani di tutto il mondo rompono le loro routine quotidiane ed entrano in connessione con la propria virtù spirituale. Durante il Ramadan, i bisogni fisiologici devono essere disciplinati: la padronanza di sé e del proprio corpo è la via che conduce a un bene interiore più grande.

In attesa dell’inizio del Ramadan nel 2024, previsto intorno al 10 o 11 marzo, si propongono un rapido sguardo ai cinque pilastri dell’Islam, di cui il digiuno (sawm o siyām in arabo) è parte, e una descrizione degli obblighi e delle feste religiose più importanti legate al mese sacro.
I 5 obblighi dei musulmani
Dio chiede agli uomini di riconoscere la sua sovranità attraverso una sottomissione attiva (non passiva e inconsapevole, si badi). Pretende ubbidienza e tale ubbidienza si esplicita negli ‘ibadat, ossia gli atti di culto. Questi ultimi sono meglio noti in ambito extra-islamico come “i pilastri dell’Islam” (arkān al-Islām). Essi sono atti disciplinari, azioni concrete, parole, gesti, necessari per la purificazione delle anime e per entrare in contatto con Dio. Inoltre, sono wājib, cioè obbligatori.
Le prescrizioni sui pilastri dell’Islam sono contenute nel Corano, il libro sacro dei musulmani, ma maggiormente “approfondite” negli hadith, i resoconti sui detti e i fatti del Profeta Muhammad raccolti nella Sunna. Ogni scuola giuridica islamica contempla, altresì, regole assai precise sui doveri dei musulmani, i possibili sgravi e le punizioni per i trasgressori.

Gli arkān al-Islām sono: la testimonianza di fede, le preghiere rituali canoniche, l’elemosina rituale, il digiuno nel mese del Ramadan e il pellegrinaggio alla Mecca. Vediamole in ordine.
- Shahāda. È la testimonianza di fede a Dio e al suo messaggero Muhammad e contiene i due principi teologici più importanti dell’Islam: “non c’è dio all’infuori di Iddio” (la Ilah illa Allah) e “Muhammad è l’inviato di Dio” (wa Muhammad rasul Allah). L’Islam contempla, dunque, una doppia testimonianza di fede che i musulmani devono rivolgere sia ad Allah che all’ultimo Profeta dell’Islam, Muhammad, il quale ha testimoniato la profezia divina, consegnando il Corano (verbo divino) agli uomini.
- Salāt. Sono le cinque preghiere canoniche che il musulmano deve compiere in cinque precisi momenti della giornata, in direzione della Mecca. Esse sono quella dell’alba (fajr), del mezzogiorno (zhuhr), del pomeriggio (asr), prima che tramonti il sole, della sera (maghrib) e della notte (‘isha’). Le preghiere rituali canoniche differiscono da quelle volontarie che possono avvenire in qualsiasi momento.
- Zakāt. L’elemosina rituale è uno dei doveri più raccomandati. Costituisce una vera e propria imposta sul patrimonio, una tassa regolata dalla legge con formule precise.
- Sawm. Il digiuno nel mese del Ramadan è l’obbligo che incombe al sano di mente e di corpo (mukallaf), al credente che giunge nell’età della puberta, il quale deve astenersi dal bere, dal mangiare, dal fumare e dall’avere rapporti sessuali dalle prime luci dell’alba al tramonto. Esiste, però, flessibilità: coloro che non possono praticare il digiuno nel mese del Ramadan possono “recuperare” i giorni in un secondo momento. In seguito, si ritornerà sul tema.
- Hajj. Il pellegrinaggio alla Mecca, casa della Ka’ba, il santuario per eccellenza del culto di Dio. Questo pellegrinaggio è anche detto “maggiore” perché si distingue dal minore, noto come ‘umra. L’ultimo menzionato può essere compiuto in qualsiasi momento dell’anno, mentre il pellegrinaggio maggiore ha un vincolo temporale: il 7 del mese di Dhu-l Hijja. Esso dura fino al 10 dello stesso mese, sebbene alcune cerimonie si protraggano anche fino a tre giorni.
Il digiuno: le prescrizioni del 4° pilastro dell’Islam
Il digiuno inizia e si conclude nel mese del Ramadan. Questo è il nono dei dodici mesi del calendario lunare islamico (si rimanda all’articolo sui calendari nel mondo per un maggiore approfondimento sul tema). Poiché l’anno liturgico islamico segue il ciclo della luna e ha una durata di 355/356 giorni, la data di inizio del Ramadan non è mai la stessa, ma retrocede di circa 10/11 giorni ogni anno.
Ufficialmente, l’inizio del Ramadan coincide con l’avvistamento della luna nuova, e la sua fine con quello della luna successiva, che segna l’inizio del mese di Shawwal. “E il mese del Ramadan, il mese in cui fu rivelato il Corano come guida per gli uomini e prova chiara di retta direzione e salvazione, non appena ne vedete la nuova luna, digiunate per tutto quel mese […]” (Corano, Sura II, versetto 185).
Il digiuno va osservato ogni giorno, per tutto il mese, dall’alba al tramonto, dalle prime luci del sole alle ultime: “fino a quell’ora dell’alba in cui potrete distinguere un filo bianco da un filo nero” (II, 187). Ciò, naturalmente, comporta un sacrificio maggiore per i credenti che vivono a specifiche latitudini, dove le giornate sono più lunghe, o durante la stagione estiva, per esempio. Il digiuno può, infatti, variare dalle 9 alle 20 ore circa, in base a questi fattori.
Il sawm non si limita all’astensione (imsāk) dal cibo e dalle bevande (inclusa l’acqua), ma anche dai rapporti sessuali e dal fumo. I musulmani realizzano due pasti durante il Ramadan: il suhūr, la colazione che precede l’inizio del digiuno, e l’iftār (o futūr), il pasto serale che comincia solo al termine della preghiera del maghrib.

Il suhūr si consuma prestissimo ed è un pasto fondamentale, necessario per immagazzinare le energie che servono per affrontare tutta la giornata. È tradizione mangiare i datteri durante il Ramadan, in particolare durante l’iftār, reiterando l’abitudine del Profeta Muhammad, che era solito interrompere il digiuno con acqua e datteri.
Altre curiosità sul sawm
Come si è già detto, il digiuno è obbligatorio per tutti i credenti musulmani adulti e in salute. Per alcune categorie di persone, invece, è prevista un’esenzione dall’obbligo (fard). Si tratta di anziani, bambini, persone che stanno compiendo un viaggio, malati, donne in gravidanza e donne con le mestruazioni.
Per coloro i quali si trovino in una delle condizioni sopra descritte, è concesso recuperare i giorni di digiuno “persi” in un secondo momento, durante il resto dell’anno. Ciò è evidente in un passo del Corano: “chi di voi è malato o si trovi in viaggio, digiunerà in seguito per altrettanti giorni.” (II, 184).
Lo stesso versetto recita a continuazione: “Quanto agli abili che lo rompano, lo riscatteranno col nutrire un povero. Ma chi fa spontaneamente del bene, meglio sarà per lui; il digiuno è un’opera per voi, se ben lo sapeste!“. Il musulmano che non adempie all’obbligo del digiuno, nonostante sia in condizione di poterlo fare, compie peccato e deve pagarne il prezzo. Lo farà attraverso un sincero pentimento verso Dio e compiendo più atti di bene, come elargire generose donazioni ai poveri (oltre all’elemosina rituale).
Laylat al-Qadr: la notte più sacra per i musulmani
La notte più sacra del Ramadan è senza dubbio la Laylat al-Qadr, dall’arabo: la Notte del Destino, o della potenza. Questa ricorre tra il 26 e il 27 del mese e rappresenta un momento di preghiera importantissimo per i musulmani. Secondo la tradizione, la rivelazione divina cominciò proprio quella notte.
Il Profeta Muhammad si trovava in ritiro spirituale presso la grotta del monte Hira, nell’attuale Arabia Saudita, quando ricevette la prima rivelazione. Fu di notte: il verbo divino gli fu trasmesso tramite l’arcangelo Gabriele. Da quel momento, il Profeta avrebbe ricevuto tante altre rivelazioni fino alla morte, avvenuta nel 632 d.C.
Viene chiamata “Notte del Destino” perché quella prima visita dell’arcangelo Gabriele al Profeta segnò per sempre il destino degli uomini. La preghiera durante la Laylat al-Qadr ha, dunque, un valore religioso assolutamente centrale per i musulmani.
‘Id al-Fitr e la fine del digiuno
L’ultimo giorno di Ramadan viene celebrato a dovere nella tradizione islamica. Si tratta di una delle feste, in arabo ‘id, più importanti per l’Islam. Queste includono la ‘id al-adha, la festa del sacrificio dell’agnello nel giorno in cui si chiude il pellegrinaggio alla Mecca, anche detta “la grande festa” (‘id al-kabīr), e la piccola festa, che segna la rottura del digiuno del Ramadan. Essa è nota come ‘id al-fitr.
La festa che chiude il sawm del Ramadan dura tre giorni. Essa inizia solo in seguito all’avvistamento della luna nuova che inaugura il mese di Shawwal, e viene celebrata insieme ai parenti. È un momento di forte valenza religiosa e di comunione. Ci si riunisce nelle moschee per la preghiera della ‘id, effettuata all’alba (salāt al-fajr), insieme alla propria comunità. Sono previsti anche ricchi banchetti ed elargizioni di elemosine (la zakāt).

La ricorrenza della ‘id al-fitr quest’anno cadrà probabilmente il 10 aprile, ma come già accennato all’inizio dell’articolo, non si può comunicare la data precisa per via dell’avvistamento lunare.
[Per tutti gli estratti citati del Corano si fa riferimento all’edizione tradotta da Alessandro Bausani]
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