Il 21 marzo è la Giornata Mondiale della Poesia istituita dall’Unesco nel 1999 per celebrare e promuovere il genere poetico come forma d’arte e strumento di dialogo tra le culture. Non è un caso che coincida con il primo giorno di primavera, la data dei nuovi inizi, di rinnovamento e rinascita che sancisce i ritmi della natura e, con essa, del genere umano.
Tra gli ideatori di questa Giornata vi è Mohammed Bennis, poeta, scrittore e docente di lingua araba all’Università di Rabat, uno dei nomi di più alto profilo della poesia araba contemporanea. Che scrive ne Il Mediterraneo e la parola. Viaggio, poesia, ospitalità (Donzelli Editore, 2009) “qui non c’è straniero, siamo fratelli, tutti venuti a celebrare la pura acqua”.

Il volume è una delle opere maggiori dell’intellettuale che rilegge in chiave poetica la storia della cultura mediterranea dove non solo prevede lo scambio, ma gli assegna una funzione di creazione. “E in questo scambio creativo – spiega – colgo ciò che perpetua l’essenza del Mediterraneo in quanto dimora comune. Storia latente. Sepolta sotto i fasti di un discorso che enfatizza l’elemento di separazione a discapito del sentimento di condivisione. È questa storia della cultura – continua – che ci chiama a valorizzare la nostra dimora comune, in un tempo in cui l’atteggiamento di chiusura è dominante. Ogni volta che lo spirito poetico sembra compromesso, le lettere, le arti, le dottrine filosofiche, mistiche e scientifiche mi conducono verso un Mediterraneo di ospitalità”.
Un Mare Nostrum risorsa di tutti perché di nessuno

Un Mediterraneo aperto e privo di frontiere, almeno mentali, uno spazio che “racchiude dentro di sé il principio di un presente e di un avvenire”. Un Mare Nostrum dove per nostrum si intende una risorsa di tutti i popoli che vi si affacciano, una risorsa di tutti perché di nessuno. E con una storia di incontro-scontro tra culture così distanti tra loro che ha maturato nell’autore la consapevolezza di appartenenza alla cultura mediterranea, dove la parola poetica trova il suo senso più elevato.
“Ogni poesia mediterranea è mia – chiosa il poeta marocchino –. Ogni poesia che annuncia il viaggio, che dà ospitalità, che semina generosità. In ogni angolo del mondo. È lì che comincia il Mediterraneo. Non un luogo recintato da principi geografici o da un’idea che rinnega l’Altro che viene da Sud, da Oriente o da Occidente”.
La poesia si fa dunque voce dei popoli oltre le loro differenze e specificità, casa in cui si incontra l’Altro, lo straniero, il profugo, colui che viene dal mare. Attraverso l’espressione poetica, la parola riconosce ad ogni cultura la propria unicità, superando i limiti identitari e linguistici e assumendo una dimensione trascendentale. Eterna. La poesia diviene così non parola di una persona, ma delle voci che la attraversano e, per questo, racchiude il senso dell’accoglienza e dell’incontro con l’altro.
Una poetica, quella di Mohammed Bennis, che sfocia in una pratica di vita sul rapporto tra Mediterraneo e poesia. “Spazio libero e ospitalità come pratica quotidiana: è stata questa lezione che mi ha permesso di comprendere la poesia. La poesia non ammette frontiere chiuse e non obbedisce alla logica degli interessi. Ogni volta che mi trovo nella poesia sento il Mediterraneo divenire la mia casa aperta, senza soffitto né muri né porte. Aperta su uno spazio infinito”.
Una visione di tolleranza, prima ancora che intellettuale, che cerca interlocutori sulle sponde più sorde di quel mare che è la culla della nostra civiltà. E che oggi celebriamo anche con la raffinatissima arte della poesia.
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