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Se il Mediterraneo potesse avere un volto un noto, sarebbe senz’altro quello di Pablo Picasso, come rivela la mostra a lui dedicata negli spazi del Museo del Corso – Polo Museale di Roma dal 27 febbraio al 29 giugno 2025.
Realizzato grazie alla collaborazione con diverse istituzioni culturali rilevanti, come il Musée national Picasso-Paris, il Museu Picasso Barcelona e importanti collezioni private europee, il percorso espositivo unisce estetica e politica per raccontare come Picasso abbia rivoluzionato l’arte del Novecento vivendo la condizione di “straniero”.
L’esposizione “Piccasso lo straniero” va infatti oltre il mito del grande artista e ne racconta un tratto inedito: quello dell‘immigrato, dell’artista sotto sorveglianza, dell’uomo che, nonostante il riconoscimento mondiale, non ottenne mai la cittadinanza francese.
Con oltre cento opere, tra dipinti, sculture, disegni e ceramiche, affiancate da documenti storici, fotografie e lettere, la mostra accende dunque un faro importante sulla traiettoria umana e artistica di Picasso. Illustrando come abbia plasmato la propria identità vivendo nella difficile condizione di immigrato.

Anni di povertà e incertezza
Nato nel 1881 a Málaga, in Spagna, il pittore si stabilisce a Parigi definitivamente nel 1904, vivendo in baracche di fortuna costruite con legno e materiale di risulta in un dislivello della collina di Montmartre. Una vita dura, di stenti, composta anche da umiliazioni da parte di un Paese attraversato dalla xenofobia.
I soggetti più frequenti di questa fase produttiva sono quasi tutti circensi che, come lui, vivevano nelle baracche: i suoi vicini di casa. È il cosiddetto Periodo Blu: non solo una fase artistica, ma un sentimento dominato da profonda tristezza. Dettata anche dalla condizione di povertà estrema e di incertezza sul futuro che contrassegna quei giorni.
Nel 1906 inizia a raccogliere i primi successi anche nelle vendite delle opere, ma con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale (1914-1918) viene ostacolato per avere come gallerista Daniel Kahnweiler, tedesco e quindi nemico della Francia. Oltre settecento opere sequestrate e distrutte.
Nel 1917 Picasso si sposta a Roma per collaborare con gli artisti Jean Cocteau, Sergej Djagilev ed Erik Satie al balletto Parade. Un momento storico che per l’artista rappresenta una rinascita dopo la confisca delle sue opere in Francia, raccontata da un’importante sezione della mostra.

Una vita da straniero
La richiesta di naturalizzazione venne respinta anche nel 1940, quando Picasso era ormai uno degli artisti più celebri al mondo, mentre continuava ad essere etichettato come “anarchico sotto sorveglianza”. È uno dei contrasti tra l‘artista iconico e il rifiuto istituzionale subito nel corso della sua vita messo in evidenza dal percorso espositivo.
Accompagna la mostra un catalogo edito da Marsilio Arte, con interventi di storici dell’arte, studiosi internazionali e saggi della curatrice Annie Cohen-Solal, autrice del libro Una vita da straniero (Prix Femina Essai, 2021), tradotto in dieci lingue. Che scrive: “L’esperienza dell’emarginazione subita da Picasso è simile a quella di tutti coloro che, oggi, si scontrano al sistematico rifiuto dell’altro. Picasso, capace com’è di sopportare le avversità e lavorare con inalterata fermezza, non è forse un nostro contemporaneo?”.
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