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Chi ha mai sentito parlare della tradizione del Sicanje? Al giorno d’oggi, tatuarsi è divenuta una scelta comune. Che sia all’henné, solare (cioè, seguendo le linee dell’abbronzatura), oppure all’inchiostro, vi è una soluzione per tutti. Sono infatti centinaia gli studi che offrono questo servizio, dando ascolto ai desideri dei propri clienti, creando intricati e meravigliosi disegni, destinati a restare sulla pelle per sempre.
Ma, nei Balcani, questa tradizione legata ai tatuaggi sembrerebbe aver sfidato i millenni, venendo tramandata di donna in donna, perduta e recentemente ritrovata.
Il Sicanje, una storia lunga quattro millenni
Chiamata anche bocanje, questa tradizione è soprattutto legata alla Bosnia ed Erzegovina, e alla Croazia. Il termine significa, letteralmente, “punzecchiare”: non a caso, la miscela per il tatuaggio differisce notevolmente da quella preparata ai giorni nostri. A differenza delle normali miscele utilizzate per tatuare al giorno d’oggi, infatti, per il Sicanje si utilizzano ingredienti quali fuliggine, latte materno, miele.
Ancor più stupefacente è l’estensione delle epoche entro le quali tale tradizione si è tramandata, di secolo in secolo. Esistono, infatti, scritti risalenti all’antica Grecia, che descrivono questa pratica; non solo, durante degli scavi archeologici in siti antichi più di quattromila anni, sono stati ritrovati aghi e ritratti di uomini e donne tatuate.
Questa tradizione è legata a diversi avvenimenti. Tra i più importanti, in piena dominazione ottomana, dunque dal 1400 in poi, si ricordi la pratica del devscirme. Essa consisteva nel trarre “tributi di sangue”: giovani ragazzi e ragazze provenienti dai Balcani per servire tra i Giannizzeri o negli Hammam. Allo stesso tempo, si forzava la conversione; le donne erano sotto il costante rischio di stupri e violenze.
Il Sicanje, dunque, divenne di vitale importanza: tatuando i propri cari, vi sarebbe stata la possibilità di riconoscersi e ritrovarsi, qualora si fosse riusciti a tornare indietro dalla schiavitù. Non solo, tali simboli avrebbero fornito un’ideale protezione; infine, tatuando i simboli della religione cattolica, si sarebbe evidenziata la forzatura della conversione a un’altra religione, rammentando quella precedente.
Una tradizione ritrovata
Dopo il secondo conflitto mondiale, la pratica del Sicanje andò perduta: le uniche testimonianze furono da allora visibili solamente sulla pelle delle donne più anziane. Tuttavia, specialmente in tempi recenti, essa sta rivivendo un nuovo moto di fama.
Molti tatuatori, infatti, ripropongono sempre più spesso i simboli tradizionali più comuni: dalle croci ai simboli pagani e naturali, fino a quelli legati all’appartenenza ai villaggi. Il Sicanje, dunque, sta tornando a diffondersi sempre di più: una tradizione che sfida e continuerà a sfidare i secoli.
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